MILANO – Un quesito da Settimana Enigmistica: ma qual è l’unico punto in comune tra Enrico Caruso e Mikhail Gorbaciov? E tra Nosferatu e Bokassa? E, ancora, tra Nicolas Cage, Star Wars e Gesualdo da Venosa? Semplice, molto semplice: Werner Herzog, l’uomo che tra qualche mese al Lido riceverà il Leone d’oro alla carriera dell’82. Mostra del Cinema di Venezia. Lui, solo lui, l’unico punto di contatto tra mondi e universi apparentemente distanti, lui, l’uomo venuto da Monaco di Baviera per cambiare per sempre il cinema ma, soprattutto, per cambiare se stesso. Il suo cinema è cinema di scoperta, sia per chi lo fa che per chi lo guarda, un viaggio che può affascinare o repellere, ma sempre viaggio rimane: difficilmente vi ritroverete davanti a un contenitore vuoto guardando Herzog perché i suoi film contengono rimandi e sottendono dimensioni, portano a domande, poche volte hanno risposte.

Perché questa premessa? Per celebrare la notizia del Leone d’oro, ovviamente, ma anche per raccontare il doppio viaggio che il regista tedesco fece tra il 1997 e il 2007, prima con un documentario, poi con un film. La storia, innanzitutto, quella vera, di Dieter Dengler, tedesco cresciuto in Germania, poi naturalizzato americano e spedito in Laos a combattere nel 1966. Catturato, viene consegnato ai vietnamiti e riesce a sopravvivere a una prigionia durissima prima di fuggire. La storia viene raccontata da Herzog prima in un documentario, Little Dieter Needs to Fly, uscito nel 1997, in cui – proprio assieme a Dengler – il regista decide di tornare in Cambogia sui luoghi del suo incubo per ricordare e testimoniare. Passo dopo passo. Non solo: Herzog ingaggia delle comparse per ricostruire quel terribile momento. Con Dengler protagonista unico.

Dopo quel documentario, Herzog non ne ha abbastanza e vuole girare anche un film, ma nel 2001 Dengler – ormai in sedia a rotelle, distrutto dalla SLA – si spara. Fine della storia? No. Il regista continua a cercare i soldi e nel 2005 arriva finalmente il via libera per filmare l’ennesima ossessione. Serve l’attore giusto per interpretare Dengler e qui arriva il colpo di genio del folle Herzog: dopo aver visto L’uomo senza sonno e Batman Begins, decide di chiamare Christian Bale. «E quando mi ricapitava di finire all’inferno con un regista come Werner Herzog?», motivò la decisione l’attore. «Mi piace mettermi alla prova e così sono finito a nuotare veramente in un fiume pieno di serpenti e anche a mangiare vermi». Non solo, sul set de L’alba della libertà arrivano anche i due figli di Dieter e rimangono a bocca aperta davanti alla trasformazione di Bale.

Il doppio viaggio di Herzog diventa quindi un flipper di rimandi, cinema che si nutre di vita reale e viceversa, storia vera che diventa finzione per poi scivolare nella verità: lui prima gira un documentario con il vero Dengler, diventa suo amico, poi ci gira anche un film, coinvolgendo figli e fratelli di Dieter, portandoli sul set a vedere l’esistenza di un padre ormai scomparso: «Una sera eravamo a cena e i figli di Dieter hanno perfino chiamato “Papà” Christian», ha ricordato il regista. «Il film però è stato più facile da girare perché il documentario lo ha reso tale, perché avevo trascorso molto tempo con Dieter prima, perché ero stato con lui in quei luoghi, sapevo cosa fare. Sono state esperienze magnifiche, ho girato film molto più complicati…». E se lo dice lui.
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