MILANO – Una piccola perla anni Ottanta, un film poco citato (se non per il cast e per il futuro degli attori) diretto dal compianto Joel Schumacher che in realtà, rivisto oggi, risulta invecchiato molto bene e – anzi – fotografa perfettamente non solo un momento storico, ma anche una particolare promessa di futuro (che non venne mantenuta). St. Elmo’s Fire uscì negli Stati Uniti il 28 giugno del 1985 – in Italia arrivò solo un anno dopo, il 4 luglio 1986 – in piena era Ronald Reagan, proprio mentre la cultura pop veniva amplificata a tutto volume da MTV con Madonna e George Michael idoli sexy sui poster delle camere di metà degli adolescenti d’America (e non solo). In maniera piuttosto inattesa però, solo una settimana dopo l’arrivo in sala di St. Elmo’s Fire, il 3 luglio 1985, nei cinema americani uscì un altro film destinato a diventare mito e (ovviamente) a offuscare tutto quello che c’era stato prima: Ritorno al futuro.

La parabola del film inizia e finisce praticamente subito e, ovviamente, non fu un caso che, dopo un’apertura forte, St Elmo’s Fire – che oggi ritrovate in streaming a noleggio sia su Prime Video che AppleTV+ – crollò e incassò alla fine dell’anno solo 37 milioni di dollari. Una cifra ampiamente al di sotto di quanto si aspettasse la Columbia che, in quella stagione, si ritrovò anche a coprire i buchi di un altro fiasco colossale come Silverado, che doveva sancire il ritorno del western. Non bastasse il flop commerciale, Rob Lowe fu premiato (ingenerosamente) come peggior attore dell’anno e la critica si scagliò sia contro il film che contro Schumacher, al terzo film (dopo due flop, di cui uno con Mr. T). Il New Yorker bollò il povero regista addirittura come «senza talento». Insomma, un disastro. Eppure, come spesso accade, il tempo, non la critica (spesso smentita) rimane la misura per capire se un film era davvero valido o era solo un titolo figlio del periodo e della tendenza.

E allora? E allora St. Elmo’s Fire avrebbe dovuto finire seppellito nei ricordi degli anni Ottanta, in fondo al cassetto tra le polaroid, i fuseaux e gli adesivi dei New Kids On The Block (e anche quelli di Nick Kamen), un oggetto inutile e malinconico come un walkman. E invece no, invece anche in streaming rimane (ancora) una piccola favola gentile che racconta di noi molto più di quanto credessimo. Non solo: se fate attenzione, il posto dove si ritrovano i magnifici sette, il St. Elmo’s Bar di Washington, altri non è che quello che diventerà poi il Central Perk di Friends dieci anni dopo, un luogo in cui scambiare umori, sentimenti e emozioni, cercando di scacciare via la paura del futuro. «L’amore? L’amore è solo un’illusione creata dagli avvocati per poi avere matrimonio e quindi il divorzio dove loro possono entrare in scena…».

Riletto oggi, St. Elmo’s Fire risulta un incrocio tra Il grande freddo e Breakfast Club (uscito pochi mesi prima, altro grande film), e non a caso ci sono alcuni attori in comune: Emilio Estevez, Ally Sheedy e anche Judd Nelson, che in quell’anno di grazia 1985 infilò anche un altro cult come Fandango. Saranno però inevitabilmente Rob Lowe e Demi Moore, alias i bellissimi Billy Hicks e Julianna Van Patten, a rubare la scena in più di un momento, grazie anche allo stile e ai costumi che Susan Becker – che poi avrebbe vestito Diane Keaton in Baby Boom e il cast di vampiri di Ragazzi perduti- aveva cucito loro addosso, tra cravatte non annodate e collane portate larghe, larghissime, sopra i vestiti à la Cercasi Susan disperatamente (che era appena uscito) sfoggiati dalla Moore, senza dimenticare sassofoni e camicie ad hoc.

Lowe, figlio della Virginia benestante, aveva solo 21 anni ma era già stato lanciato da Coppola ne I ragazzi della 56° strada e aveva già ricevuto una nomination ai Golden Globe per Thursday’s Child (a fianco di Gena Rowlands). Demi arrivava dal New Mexico e da Una cotta importante con Jon Cryer (che poi sarebbe finito in Bella in rosa), ma la strada era tutta da fare. Insieme agli altri cinque (da segnalare Andrew McCarthy, sempre perfetto, che ora ha appena riletto proprio la storia del Brat Pack e di quei giorni in Brats) i nostri magnifici sette mettevano in scena una generazione che cercava di barcamenarsi tra le ambizioni dei genitori e le passioni, tra demoni e sogni, una famiglia innocente fuori dalla famiglia reale, un gruppo che – tra risate e battute – cercava di fingere che tutto andasse bene. Ai tempi non lo avevamo capito St. Elmo’s Fire, troppo impegnati a sognare l’America e una vita differente, ma quei ragazzi raccontavano già quello che poi sarebbe successo a tutti noi…
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