LOS ANGELES – «Quando mi hanno riferito di cosa parlava la nuova stagione di The Terror, sapevo di dover ottenere un ruolo», ammette Derek Mio a Hot Corn, ancora in abiti di scena, durante una pausa dalle riprese sul set di Vancouver, in Canada. Le vicende di The Terror: Infamy – dal 16 agosto su Amazon Prime Video – hanno infatti come sfondo l’internamento dei nippo-americani in campi di prigionia durante la Seconda Guerra Mondiale. Da un giorno all’altro, dopo l’attacco di Pearl Harbour nel 1941, i governi statunitensi dettero caccia ai giapponesi d’America, considerati come nemici.

«Anche mio nonno paterno è stato imprigionato» rivela l’attore nippo-americano di quarta generazione «e la cosa incredibile è che le vicende dello show si aprono proprio a Terminal Island, l’area nei pressi di Long Beach dove mio nonno è cresciuto». Derek Mio interpreta Chester, un ragazzo che sogna di viaggiare il mondo come fotografo per LIFE magazine. «C’è un altro parallelo surreale tra la storia di Chester e quella di mio nonno: entrambi, una volta imprigionati, hanno dovuto prendersi cura della madre e della famiglia perché il loro padre era stato portato via e assegnato a un’altra comunità di gente più anziana».

IL PERSONAGGIO «L’iter percorso da Chester nell’arco dello show è intenso. Non solo per quello che sta succedendo intorno a lui con la Seconda Guerra Mondiale e l’internamento nei campi ma anche per ciò che gli accade con la fidanzata nella sfera privata. Chester è chiamato a prendere delle decisioni molto difficili e le sue scelte lo tormenteranno».

STORIA E SPIRITI «Come per la prima stagione, anche in questa esiste l’elemento soprannaturale e credo stia proprio lì la genialità della serie. È un’idea molto intelligente quella di prendere un evento storico e aggiungere un ingrediente che lo trasforma in un genere dall’audience più amplio: così si può educare e intrattenere allo stesso tempo. Infamy è una storia che si può leggere a tanti livelli: il terrore generato dalla psiche di un uomo sotto condizioni di grandi stress, il terrore dei nostri stessi fantasmi, il terrore del pregiudizio che ha portato i governi a prendere folli decisioni come quelle dei campi di prigionia».

MONITO «Oggi si parla molto di diversità ed è questo il contesto che rende lo show importante. Ciò che durante la Seconda Guerra Mondiale ha reso più facile ai governi l’internamento dei giapponesi, era anche una grande ignoranza su chi fosse il nemico. Lo show invece li umanizza, li rende personaggi tridimensionali e dunque diventa più difficile emarginarli o renderli cittadini di seconda classe. Probabilmente, al tempo, gli americani conoscevano pochi giapponesi. Così nasce il razzismo, sia contro i latino-americani, o gli africani-americani o chiunque appare diverso da te stesso: nasce dalla paura del diverso».

ACCURATEZZA «Nello show George Takei è sia attore che consulente. Anche lui da bambino è stato imprigionato con la sua famiglia nei campi ed è molto attento che tutto venga riprodotto in maniera fedele alla realtà. Giorni fa, quando giravamo una scena in una caffetteria, ha fatto persino cambiare i condimenti, i piatti e altri dettagli presenti nella stanza. Tutto il team di produzione ha fatto un’estenuante ricerca per assicurarsi che ogni cosa fosse descritta e mostrata con la massima autenticità».

NONNO E GAMAN «Questo è un capitolo oscuro della storia americana che sono in molti a ignorare. Anche io ricordo che a casa e a scuola non se ne parlava. C’è una parola eradicata nella cultura giapponese: gaman, che significa “sopportare con grande dignità e forza”. Mio nonno era ancora in vita quando ho avuto un ruolo in Days of Indipendence (diretto dal Premio Oscar per live action short movie Chris Tashima nel 2003, NdR), che ha come sfondo la stessa storia, ed era venuto con me alla première del film. Dopo la visione, quando tutti facevano i complimenti, lui disse solamente una frase: “Non era così”. Non aggiunse altro».
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Qui potete vedere il trailer originale di The Terror: Infamy
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