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Squid Game e quella serie in cui la distopia lascia il posto ad un mondo spietato

I k-drama continuano a stupire: questa è la volta di Hwang Dong-hyuk e il suo inquietante show

squid game
Il k-drama è finalmente su Netflix: ecco Squid Game

MILANO – Continua imperterrita la sfilata di serie tv asiatiche con cui Netflix, almeno in questo genere, non sembra sbagliare mai il colpo. Dopo Sweet Home, dalla Corea ecco che arriva il k-drama Squid Game, scritto e diretto da Hwang Dong-hyuk, regista che ha lavorato alla storia per ben tredici anni ed è finalmente approdato in streaming. Nei suoi nove episodi da sessanta minuti, l’inquietante serie tv inscena un gioco, molto simile a tanti reality show che conosciamo, un gioco però estremamente mortale che si maschera dietro la possibilità di cambiare vita e diventare ricchi. Chi non vorrebbe provare a partecipare?

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Gli inquietanti giochi di Squid Game

Siamo ancora a Seoul. Un giorno, all’improvviso, 456 persone si risvegliano in una stanza con un palco: cos’hanno in comune? Hanno tutti problemi finanziari. C’è chi, come il protagonista Gi-hun, si è indebitato con usurai e scommesse, chi ha fatto delle pessime scelte di investimento e chi, come Sae-Beyok, ha bisogno di soldi per far scappare i suoi genitori dalla Corea del Nord. Ognuno ha un motivo per vincere quei trentotto milioni di dollari che improvvisamente compaiono appesi al soffitto in una boccia di vetro. Quei 456 malcapitati, a cui la vita non è andata per il verso giusto e a quanto pare continua a non migliorare, scoprono di essere stati scelti per un gioco.

I 456 partecipanti a Squid Game

Il nome, che dà anche il titolo alla serie, si rifà a un gioco per bambini molto noto in Corea, in cui per giocare si usa una tavola a forma di polpo. Le regole sono molto semplici: superare tutte le prove – tutte ispirate a giochi per bambini, ad esempio uno molto simile a “Un, due, tre, stella” – e non venire eliminati. Cosa vuol dire esattamente essere eliminati? Forse potete tirare a indovinare. Squid Game stupisce già dai primi episodi e non molla la presa fino alla fine. La violenza e i giochi che si consumano nell’enorme arena in cui sono catapultati, con le ambientazioni che ricordano un po’ quelle fantasmagoriche di Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato e quell’elemento splatter che non può mai mancare.

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Squid Game: un’atmosfera da favola… ma anche splatter

Alla mente viene subito Hunger Games, seguito direttamente dal bel Alice in Borderland (altra serie molto azzeccata da Netflix), ma nonostante l’inquietante tutti contro tutti dei giochi, qualcosa separa Squid Game da tutti gli esempi che ci possono venire in mente: la storia creata da Hwang Dong-hyuk è profondamente radicata nella realtà. Non ci sono mondi distopici o realtà parallele a giustificare una sorta di voyeurismo perverso nel vedere persone che si uccidono a vicenda, tutti i problemi che spingono follemente i 456 a partecipare i giochi nascono nel nostro mondo reale, e ai nostri giorni. Verrebbe da dire che anche Squid Game è colpa del capitalismo, ma è una premessa talmente sfruttata da suonare un po’ banale. Quindi lo pensiamo e basta.

I giochi “da bambini” di Squid Game

E lo vediamo dai diversi quartieri poveri di Seoul fino alle storie di tanti personaggi (ben caratterizzati e approfonditi, d’altronde come sempre accade nelle serie asiatiche che finora abbiamo visto). C’è un motivo se scelgono consapevolmente ogni volta di rischiare la propria vita per vincere quel montepremi in denaro, perché a quel punto delle loro esistenze riuscire a ottenere quei soldi vale effettivamente più delle loro vite. Il ritmo incalzante e avvincente non si attenua fino alla fine, tanto che vorremmo vedere subito un seguito. Il che dovrebbe dire più su di noi che sulla serie, ma quella è una riflessione che rimandiamo al dopo, quando i giochi sono finiti.

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Qui potete vedere il trailer di Squid Game:

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