ROMA – La scappatella di un importante ministro inglese con una sua stretta collaboratrice viene portato alla luce. Fin qui nulla di strano, o meglio, nulla che non si possa risolvere con una scusa pubblica. Del resto, il ministro in questione, è un amico fidato del Primo Ministro e, nonostante tutto, ha dalla sua un matrimonio forte e felice con una splendida moglie. La situazione, però, esplode quando la ragazza accusa il politico di essere stata violentata dopo qualche giorno dalla rottura del loro frugale rapporto. Dice la verità? Mente? Oppure sotto c’è addirittura altro? Lo scopriamo, non senza sorprese, nell’ottima Anatomia di uno Scandalo, serie procedurale a tinte thriller basata sull’omonimo romanzo di Sarah Vaughan (in Italia con Einaudi).

A sviluppare i sei episodi targati Netflix ci sono Melissa James Gibson (che di scandali se ne intende, avendo scritto diversi episodi di House of Cards) e David E. Kelly, che imprime allo show tutta la sua esperienza nel genere (è il creatore di Big Little Lies, di Ally McBeal, Goliath, Boston Public). Due showrunner d’eccezione, quindi, che vanno in stretto accordo con S. J. Clarkson, regista che non disdegna diversi guizzi stilistici, dando allo show un respiro decisamente originale. Ma, naturalmente, quello che ci tiene incollati alla visione è la storyline: puntata dopo puntata la tensione sale tangibilmente, di pari passo che i fili dello scandalo (o di un crimine) si intrecciano tra loro, diventando un ingarbuglio che mescola il presente con il passato del protagonista, James Whitehouse, interpretato da un rassicurante quanto oscuro Rupert Friend.

Accanto a lui, e a costruire l’intera vicenda, ci sono la moglie Sophie (Sienna Miller), l’amante e accusatrice Olivia Lytton (Naomi Scott) e, soprattutto, le Queen’s Counsel (status britannico conferito ai giuristi e avvocati) Kate Woodcroft (Michelle Dockery) e Angela Regan (Josette Simon), rispettivamente avvocatesse d’accusa e di difesa. Narrativamente parlando, dunque, Anatomia di uno Scandalo è spaccata in due: c’è la verità e c’è la verità apparente. In mezzo una miriade di sfumature e di domande che indagano il significato delle giustizia, delle parole e di una certa politica arroccata sull’intoccabilità e sull’onnipotenza. Sì perché lo show, antologico, è una sorta di scatola cinese, una matrioska, un Vaso di Pandora che sprigiona un'(in)aspettato marcio che tocca le più alte sfere del Partito Conservatore Britannico.

Evitando il più possibile gli spoiler, Anatomia di uno Scandalo, al netto di alcune ingenuità sovraccaricate (i flashback, probabilmente, sono la parte peggiore della serie) intrattiene maledettamente bene, con gli autori che sfruttano a più riprese l’efficacia del romanzo originale mischiando le regole basiche dei procedural drama, ovvero quelle che catturano l’attenzione e (ci) spingono a continuare la visione come fossimo parte della Giuria Popolare. C’è un caso dai risvolti nebulosi e indefiniti, c’è una presunta vittima e c’è un presunto colpevole. Sotto un dramma verticale che rivanga un passato che si credeva dimenticato. Insomma, gli ingredienti, questa volta, ci sono tutti, e tutti sono dosati per offrire agli spettatori un’ottimo show da divorare in modalità binge-watching.
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Qui il trailer della serie:
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