CANNES – Con Matthias & Maxime, Xavier Dolan torna a casa. Al Festival di Cannes che l’ha visto crescere, ma anche attraverso quelle tematiche più intime che lo hanno sempre contraddistinto. Dopo la discussa parentesi in inglese con La Mia Vita con John F. Donovan, presentato al Festival di Toronto ma mai arrivato nelle sale italiane, Xavier ci riprova anche davanti alla macchina da presa, interpretando Max nel suo film. La storia? Maxime gira un cortometraggio assieme al suo miglior amico (Gabriel D’Almeida Freitas), ma un bacio tra i due, previsto dal copione, incrina gli equilibri e scatena dubbi. E grazie a Matthias & Maxime, l’enfant prodige canadese sta per aprire un nuovo capitolo della carriera, all’indomani del trentesimo compleanno, proprio in un luogo come la Croisette che gli ha portato tante soddisfazioni, dal premio della giuria per Mommy al Grand Prix per È solo la fine del mondo.

IL FILM «La grande domanda che il film si pone è questa: può l’amicizia essere amore? E non considerate il film “la versione gay” di quanto ho fatto prima. Perché non è affatto così. Matthias & Maxime non è un film su un amore gay, ma sulla vita. Del resto nessuno dice: “Guarda che bella lovestory eterosessuale”. I protagonisti non si rendono conto che potrebbero avere una relazione gay, ma la loro amicizia di sempre cambia dopo un bacio e ridefinisce le loro dinamiche».

LA CARRIERA «Se mi guardo indietro penso a quanto fossi naïve. Ricordo gli occhi da novellino con cui guardavo Cannes, il caos e l’atmosfera che si respira qui mi ha insegnato tanto e mi ha fatto conoscere persone con cui ho poi lavorato. Anzi, quando sono stato in giuria mi sono risparmiato le notti insonni per l’ansia da prestazione, quindi me la sono goduta in modo diverso. Cannes mi ha cambiato regalandomi trionfi ma anche delusioni e adesso imparo dagli errori e cerco di non ripetere storie che ho già raccontato».

LA MAMMA «Matthias & Maxime? Anche anagraficamente, considero questo come un lavoro di transizione. Non è la summa dei miei titoli precedenti, perché voglio provare a sperimentare qualcosa di più leggero e dolce, anche dal punto di vista visivo, se confrontato ai toni più dark dei miei altri film. Mi sento pronto a fare quello che voglio, a scoprire cose nuove. Quindi non sono d’accordo con chi dice che parlo solo di due cose, le madri e i gay. Innanzitutto senza qualcuno che ci mettesse al mondo non esisteremmo. Sono affascinato da questa figura pazzesca che non si finisce mai di esplorare. Però non vuol dire che nel film la mamma che vedete sia la mia».
LE LACRIME «Premesso che io piango praticamente per tutto, non ho potuto fare a meno di trattenere le lacrime – non ci riesco neppure adesso – perché sono una persona emotiva e vedere la risposta dal pubblico mi commuove, peraltro sono circondato da persone a cui voglio bene. Il cinema deve parlare di sentimenti, altrimenti non ha senso, e questo film è nato due anni fa mentre ero con gli stessi amici in un cottage immerso nel verde del Quebec. Da allora ci abbiamo lavorato insieme, anche se l’idea iniziale l’ho avuta io, iniziando a scrivere le prime 40…».
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