ROMA – Sarà una lunga notte, dice a sé stesso e a noi, Jack, il fixer elegante, estremamente professionale e laconico, interpretato da George Clooney, in una delle primissime scene di Wolfs, il settimo lungometraggio da regista di Jon Watts. Autore interessante ed eclettico, Watts, dopo una lunga parentesi Marvel, torna ad un cinema di dimensioni inferiori, personale e nient’affatto convenzionale. A metà strada tra cinema da camera e noir, Wolfs deve molto allo sguardo e alla stilistica, tanto di Steven Soderbergh – ci ricordiamo di Ocean’s Saga? -, quanto dei fratelli Coen. Balza alla mente Blood Simple – Sangue facile e immediatamente dopo Burn After Reading, che riunisce ancora una volta, ma potrebbe essere soltanto una coincidenza, Clooney e Pitt, in un nerissimo ed esilarante spy movie sull’eccellenza dell’idiota e il collasso della ragione.

Jack ha ragione, sarà una lunga notte. Colma di sguardi, dialoghi, nevicate newyorkesi e atmosfera natalizia, ma ancor più importante, di una carica divistica che raramente riscontriamo nel cinema ultimo internazionale da grande e medio pubblico. O meglio, riscontriamo la presenza di cast stellari, ma mai, o raramente, quella magia e coolness che Jon Watts invece inquadra immediatamente. La stessa che coglie nella complicità dello sguardo, che Clooney e Pitt mantengono vivo e fortemente comunicativo, dal primo all’ultimo minuto del film, preferendolo di gran lunga alla parola.

Ecco perché Wolfs, pur poggiando su silenzi, borbottii e grugniti di dolore, riesce a non risultare mai realmente un film laconico. Perché c’è molto del cinema muto, dello slapstick e della maschera in questo curioso e riuscito film di Jon Watts. Clooney e Pitt lo sanno bene e le indossano con grande entusiasmo, pur gettandole di tanto, nel corso di sporadici ma significativi momenti puramente meta-cinematografici, che interrogano lo spettatore e così ciò che più li lega, dentro e al di là del cinema, l’amicizia. Se infatti Wolfs ha inizio con uno scontro ideologico e professionale tra due individui solitari – a sottolinearlo ulteriormente, il titolo d’accompagnamento italiano -, è la sua evoluzione dal ritmo estremamente compassato, ma mai annoiato a svelarne l’anima vera e propria, quella cioè del buddy movie, che guarda all’action, ma ancor prima alla commedia.

Tra Jack e Nick però non vi è una significativa distanza generazionale, come spesso accade nei lungometraggi che appartengono al sottogenere di riferimento. Dunque il grande divertimento, nato dall’abile scrittura di Jon Watts e dall’altrettanto efficace duetto d’interpretazioni di Clooney e Pitt, fa centro proprio perché ironizza su ciò che i due divi inevitabilmente hanno perduto, ossia l’instancabile fisicità giovanile, ricorrendo entrambi a pastiglie per alleviare il dolore e così alla necessità di limitare il logorio fisico, focalizzandosi molto più sulla mente, non ancora intaccata dal trascorrere degli anni.

Un buddy movie action della senilità? Per certi versi sì, eppure Jon Watts è alla malinconia che guarda e al tempo perduto, quello delle relazioni che non sono state, proprio a causa della professione pericolosa che i due protagonisti conducono da sempre, senza mai farsi scoprire, rinunciando alla felicità – è spento e cupo lo sguardo di Clooney, meno quello di Pitt, apparentemente gigione, eppure altrettanto segnato – e alla vita. Tornano i Coen, che sottotraccia da sempre riflettono su quanto la nostra esistenza sia per forza di cose mossa dal caos e così dal caso, in un intreccio inavvertito e imprevedibile di eventi, tra violenza, crolli e rinascita. Del loro genio cinematografico ci resta anche l’idiota, duplicato questa volta, seppur mai esplicitato.

Wolfs si sviluppa esattamente come i suoi protagonisti. Si presenta a noi in una veste, per poi mutare più e più volte, sotto il peso delle parole, degli sguardi e della neve, che ci accompagna fino al termine della notte, permettendo al film di Jon Watts di inserirsi a pieno titolo tra i più interessanti lungometraggi natalizi degli ultimi anni. Poiché pur apparendone disinteressato, ne è inevitabilmente consapevole, dando vita ad una riuscita contrapposizione tra toni allegri e spensierati ed altri gelidi, spietati e ancora una volta malinconici. Un film, questo, che corre il rischio d’essere sopravvalutato, eppure la sua è una scrittura solidissima e complessa, colta fino in fondo da due divi in stato di grazia, legati da un’importante amicizia, che dona al film un’atmosfera e una vitalità dal carattere unico e irripetibile. È il film più visto di sempre nella storia di Apple TV+, Wolfs, un motivo ci sarà.
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