MILANO – Sulla scia di tante docuserie Netflix che raccontano di truffatori senza scrupoli e delle loro vicende, da Il truffatore di Tinder a L’uomo più odiato di Internet, si aggiunge ora una produzione italiana che riporta alla luce uno dei casi più mediatici che la televisione italiana abbia visto da inizio secolo. Wanna, ideata da Alessandro Garramone e diretta da Nicola Prosatore, è il resoconto della vita sotto i riflettori di Wanna Marchi e Stefania Nobile, le due televenditrici tristemente note da milioni di famiglie truffate dal loro schema di marketing.

La loro storia è conosciuta: dagli inizi negli anni Ottanta alla rovinosa caduta un decennio dopo, per poi passare nuovamente al successo e chiudere con una condanna che, almeno inizialmente, prevede dieci anni di carcere. Quello delle Marchi è stato un fenomeno catalizzatore di una certa Italia e di un certo sentire dell’Italia media, quella che sperava in un cambio di vita. I creduloni, come li chiamano madre e figlia, arrivano dopo. Agli inizi Wanna Marchi è l’amica delle casalinghe e fa leva sul loro essere donne di casa che magari hanno dimenticato la cura per sé stesse. Negli anni Ottanta, l’Italia non ha ancora compreso bene la potenza del mezzo mediatico, ma lo capirà ben presto.

Wanna racchiude in sé testimonianze di ex collaboratori, di centralinisti, di giornalisti e opinionisti e, soprattutto, delle due protagoniste assolute della storia. Abituate a stare sotto i riflettori, Wanna Marchi e Stefania Nobile non potevano non cercare un posto davanti alla telecamera per raccontare quella che di fatto è la loro storia. Una storia di inganni e di truffe, di fare leva sulle debolezze e vulnerabilità delle persone. Soprattutto, è una storia in cui l’empatia e il pentimento non trovano posto. A più di dieci anni di distanza dalla condanna, madre e figlia sono ancora convinte della loro strategia di vendita, di non aver truffato nessuno.

L’idea di Alessandro Garramone funziona, mantenendo alta la qualità che contraddistingue i documentari targati Netflix, così come la ricostruzione temporale delle vicende, guidata dalla regia di Nicola Prosatore, scorre liscia e si fa comprendere senza troppe difficoltà. Alla fine, non rimangono molte domande in sospeso. Tutto quello che c’era da chiedere ha trovato una risposta, una che magari non ci piace, ma non di meno sono state tirate le fila di un caso che finora l’opinione pubblica ha conosciuto solo in superficie. Wanna Marchi, la regina delle televendite, è entrata nell’immaginario comune, con la sua voce stridula e i suoi insulti che, lo sappiamo, oggi non reggerebbero due secondi.

In poco tempo ha bucato lo schermo e ha trovato il successo, diventando qualcosa di molto vicino a quell’entità che oggi chiamiamo “influencer”. Ma trasformare la sua storia in una spettacolarizzazione è sbagliato, e non è questo l’intento di Wanna. Ricostruendo la sua storia, ci ricorda che la loro notorietà ha fatto del dolore e della fragilità di milioni di persone le sue fondamenta. Wanna Marchi e Stefania Nobile tirano le fila della loro vita esattamente come hanno iniziato: sorridendo davanti alle telecamere. Un ghigno beffardo che sembra ancora prenderci in giro.
Qui il trailer di Wanna:
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