MILANO – Tra i molti film che hanno dovuto modificare la loro tabella di marcia a causa della pandemia c’è stato – lo sappiamo bene – anche l’atteso The French Dispatch, decima regia di Wes Anderson, che doveva arrivare in sala il 24 luglio 2020 dopo il passaggio a Cannes, poi invece posizionato a ottobre, quindi spostato di nuovo, poi passato da Cannes e adesso finalmente al cinema l’11 novembre anche in Italia. Ma di cosa parla il film? In realtà è un film a episodi, tre storie che partono da un magazine fittizio, il The French Dispatch, appunto, ispirata al New Yorker – ve lo abbiamo raccontato qui – con protagonista un cast corale che spazia da Bill Murray a Timothée Chalamet, da Benicio Del Toro e Henry Winkler (!) fino all’amata Tilda Swinton, Frances McDormand, Léa Seydoux, il fidato Owen Wilson, Mathieu Amalric e Jeffrey Wright (potremo continuare per almeno altre tre righe).

Il progetto, il cui titolo completo è The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun, è stato abbastanza travagliato. In corso d’opera da anni, realizzato e creato insieme a Roman Coppola, Jason Schwartzman e Hugo Guinness, il film venne annunciato addirittura nel 2018 come un musical, salvo poi cambiare decisamente rotta e diventare altro. Un film a cui il regista tiene molto, da sempre appassionato del New Yorker, che leggeva in Texas da ragazzino, e di cui, ha dichiarato, possiede una collezione di tutti i numeri a partire dagli anni Quaranta. Giornalismo? Sì, ma soprattutto scrittura visto che erano articoli molto lunghi che quasi sempre sfociavano nella pura narrativa.

Anderson è tornato così a lavorare con vecchi colleghi tra cui Robert Yeoman, direttore della fotografia giunto alla settima collaborazione e, tra i tanti, un’impresa non da poco è toccata a Adam Stockhausen: i due hanno creato più di 125 set per le riprese, nella cittadina francese di Angoulême dove una fabbrica abbandonata è stata trasformata «stile DIY» in uno studio cinematografico. Proprio Yeoman, parlando delle idee per il film, ha spiegato come Anderson volesse mantenere le linee temporali delle tre storie ben distinte e organizzate: e allora ecco che troviamo alternata ai classici colori pastello della sua estetica una sequenza in bianco e nero (e addirittura un’incredibile sequenza a fumetti).

Proprio questo è uno degli elementi che ha entusiasmato Yeoman: «Sono subito rimasto colpito dalle varie storie, ognuna originale nel tono e nello stile». La storia del cinema ha poi offerto grandi spunti. Per la costruzione degli ambienti il regista si è ispirato niente di meno che al buon vecchio Orson Welles e al suo Il processo. Costruito all’interno di una stazione ferroviaria, ne ha ripreso l’effetto offuscato dell’ambiente ai margini del set: per The French Dispatch hanno costruito le stanze senza soffitto e i muri con una rete in modo da avere sempre la sensazione dello spazio in cui ci si trova.

Altra fonte di ispirazione è Il palloncino rosso di Albert Lamorisse per il visual, da cui Anderson ha tentato di emulare «il senso di una città bella e sporca, davvero splendida, […] e poi questi colori gloriosi che spuntano fuori». Come ha dichiarato Yeoman, «lavorare su un film con Wes non si limita a ciò che traspare sul set, ti arruoli per un’avventura. Wes ha un suo modo unico di lavorare e spesso ci sfida a pensare fuori dagli schemi. Il processo di ripresa è raramente facile, ma penso che tutti sentano di fare parte di qualcosa di speciale». Ma non solo sul set! Wes Anderson ha infatti stilato una corposa lista di film, libri e articoli per il cast e la crew, tutto in preparazione alle riprese con l’obiettivo di entrare nel mood del periodo in cui è ambientato il film.

Una delle prime ispirazioni è stato un film italiano, L’oro di Napoli di Vittorio De Sica, mentre sono cinque i cult che gli attori hanno dovuto recuperare: Questa è la mia vita di Jean-Luc Godard, Legittima difesa, Diabolique di Henri-George Clouzot, Il piacere di Max Ophüls e un grande classico della Nouvelle Vague come I 400 colpi di François Truffaut che, secondo lo stesso Anderson rimane uno dei migliori film che siano mai stati realizzati nonché la ragione per cui è diventato regista. A detta di Yeoman, i cinque film hanno dato loro «la sensazione dei film francesi dell’epoca, sia tematicamente che stilisticamente». Che dire, adesso non resta che andare in sala…
- The French Dispatch | Wes Anderson, il New Yorker e la storia dietro al film
Qui potete vedere il trailer di The French Dispatch:
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