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The Bear | Jeremy Allen White, Chicago e una serie che è impossibile non amare

Parole, facce, luoghi, musica: alcune ragioni del perché (ri)scoprire una serie che è già cult

Jeremy Allen White sul set di The Bear, in streaming su Disney +.

ROMA – Carmen “Carmy” Berzatto, un giovane chef de cuisine di fama mondiale, torna a casa, a Chicago, per gestire la paninoteca di famiglia dopo il suicidio del fratello maggiore Michael. Ad accoglierlo? Un mondo di debiti, una cucina fatiscente, uno staff indisciplinato e una famiglia da ricucire. Questa la sinossi di The Bear, serie su Disney + ideata da Christopher Storer e co-scritta e co-diretta da Christopher Storer e Joanna Calo con protagonista assoluto Jeremy Allen White (vincitore del Golden Globe per il ruolo), una serie che risponde alla legge non scritta per cui «Less is More», ovvero di come la ricetta perfetta di un successo passi prima di tutto attraverso un concept ossuto ed efficace che – senza troppi fronzoli – vada dritto per la propria strada restituendo alla spettatore un’idea forte in poche parole.

The Bear: ricetta vincente di un successo assicurato
The Bear: ricetta vincente di un successo assicurato

Perché di storie dall’inerzia non dissimile da quella di The Bear il mondo della televisione e del cinema è pieno: il ritorno a casa affrontato dal personaggio principale, il mondo narrativo, la redenzione, il ritrovare sè stessi e il raggiungimento dell’armonia attraverso il ricongiungimento familiare. Al punto che un’ossatura simile la potete tranquillamente ritrovare in qualsiasi direct-to-video natalizio prodotto dalla metà degli anni Duemila ad oggi. A far la differenza? Semplice: la resa, ovvero la ragione per cui oggi parliamo di The Bear come la serie evento del 2022 che ha finito con il valergli la nomination ai Golden Globes 2023 nella categoria serie televisiva – musical o comedy, oltre che la vittoria del premio per il miglior attore in una serie a Jeremy Allen White, attore clamoroso e ancora poco noto che avevamo amato in Shameless.

Jeremy Allen White è Carmen "Carmy" Berzatto in una scena di The Bear
Jeremy Allen White è Carmen “Carmy” Berzatto

Otto puntate da trenta minuti – non lunga – dal ritmo deciso e dallo stile realistico con cui The Bear racconta di dipendenze e devianze, scelte di vita e di elaborazione del lutto, ma anche di riscatto, sogni – l’arco narrativo di Marcus (Lionel Boyce) che evolve da panettiere a pasticcere ispirato si può tranquillamente ritenere uno dei migliori mai apparsi sul piccolo schermo – e di rinascita, attraverso una tensione narrativa palpabile e crescente lungo il dispiego episodico che troverà il culmine in quell’autentico gioiello che è Recensione, settima puntata e preludio al finale di stagione. Qui assistiamo al definitivo crollo dei delicati equilibri fino a quel punto instauratisi, tra stress tagliente e lacerante, errori informatici e l’ineluttabile legge del caso, resa nella forma di un piano sequenza da lasciare a bocca aperta.

Jeremy Allen White e Liza Colòn-Zayas in una scena di The Bear
Jeremy Allen White e Liza Colòn-Zayas

Scelta non da poco e non per mere (e facili) ragioni estetiche, ma perché la soluzione di continuità di immagine diventa funzionale ad amplificare l’effetto claustrofobico ed esasperante di una cucina – così come di una narrazione – giunta al definitivo punto di rottura, o del suo vero inizio, almeno a detta di Storer secondo cui puntata sette è l’autentico cuore di The Bear: «Come se tutto quello che abbiamo visto fino a quel punto fosse il prologo e ora ci stessimo muovendo nello show vero e proprio». Il concept è frutto di una mescolanza di ispirazioni e contaminazioni che vedono la genesi creativa tra una versione romanzata della vita dello chef Charlie Trotter, dalla caratterizzazione similare a quella di Carmy, e il sapore della cucina e della vita della leggendaria rosticceria-paninoteca Mr. Beef di Chicago.

Ayo Edebiri è la zelante sous chef Sydney Adamu

Del resto è una serie eccellente The Bear. E non solo per una colonna sonora da capogiro che vede magistralmente alternarsi Radiohead (Let Down), Van Morrison (Saint Dominic’s Preview), John Mellencamp (Check It Out), Genesis (In Too Deep), Counting Crows (Have You Seen Me Lately?), John Mayer (Last Train Home), Pearl Jam (Animal, a chiudere la prima puntata) e R.E.M. (Oh My Heart, usata per un’altra grande chiusura) e nemmeno perché firmata da due autori emergenti come Christopher Storer – spalla creativa di Bo Burnham di cui ha curato la regia di due Special TV (what, Make Happy) oltre che la produzione di Eighth Grade – e Joanne Calo (Undone, Bojack Horseman). Quindi perché? Perché una serie che è capace di usare pesi massimi come Jon Bernthal, Oliver Platt, Molly Ringwald e Joel McHale come guest, per poi farli emergere per necessità narrative dallo sfondo, merita solo amore e devozione totale. Guardatela e amatela.

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Qui sotto potete vedere un teaser della serie tv:

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