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Eighth Grade | Quando l’inedito da vedere è consigliato addirittura da Barack Obama

Elsie Fisher in un manifesto (da vedere) sull’adolescenza moderna. Tra ansia, smartphone e insicurezza

Elsie Fisher nell'inedito Eighth Grade.

ROMA – Sì, lo sappiamo, è una piccola ossessione di noi di Hot Corn: nella miriade di film che escono in sala, molti (anche di qualità) si perdono nell’oblio, tra rimandi, ritardi, slittamenti, scelte spesso obbligate da una domanda che cerca sempre e solo quei cinque o sei titoli l’anno. Così, per ovviare a questa perdita, ci pensano le piattaforme digitali, capaci di recuperare titoli che andrebbero visti, magari dopo il successo ricevuto in patria. Tra loro, c’è anche uno dei film consigliati su Instagram da Barack Obama, Eighth Grade (lo ritrovate qui su CHILI). Indipendente e brillante, il film dell’esordiente (e giovane) Bo Burnham è una rivelazione.

Eighth Grade
Eighth Grade, Kayla Day è Elsie Fisher

E che Eighth Grade fosse speciale, lo avevamo già capito dal trailer, accompagnato da Orinoco Flow di Enya – presente nel film in una scena molto significativa – nonché dallo sguardo della sua protagonista, Kayla Day, interpretata da una pazzesca Elsie Fisher. La storia? Scritta dallo stesso Burnham (e prodotta da A24), è semplice quanto vera: una ragazza di quattordici anni deve affrontare l’ultimo anno delle medie, tra amicizie, insicurezza e uno smartphone sempre presente, a scandire attimi, suoni, emozioni. Perché, senza artifici né prese di posizione, in Eighth Grade c’è tutta la psicologia della Generazione Z, nata con addosso la sensazione di una forte instabilità emotiva, mista al bisogno obbligato (da internet) di apparire.

Eighth Grade
Bo Burnham e Elsie Fisher sul set del film

Così, poeticamente e romanticamente, la Kayla Day di Elsie Fisher diventa un’irresistibile loser che vorremmo stringere, come non riesce a fare quel papà rimasto solo, unica presenza costante nella vita della ragazza eppure troppo impacciato, impaurito davanti alla repentina evoluzione di una figlia che cerca un posto nel mondo e un sorriso da condividere su YouTube. Dietro i colori saturi del film, si nasconde la realtà in bianco e nero della protagonista, avvolta da un costante senso di ansia. Silenziosa, dolce e goffa, Kayla lotta contro la realtà che la circonda, dove le ragazzine di quindici anni sono l’arma più spietata che ci possa essere per chi ha (ancora) la testa tra le nuvole.

Del resto, le medie, quel periodo dell’adolescenza, rimane un’età di mezzo, in cui ogni parola detta o pensata può pesare il doppio. Figuriamoci oggi, dove il 94% dei ragazzi, a quattordici anni, utilizzano assiduamente lo smartphone, generando un flusso ignavo di coscienza, asettico davanti al dramma come alla gioia. Allora diventa cruciale sapere cosa scrivere sotto un post di Instagram, al ragazzo bello e cattivo che ti tormenta la notte, oppure partecipare alla festa in piscina, pensando che regalare un quiz da tavola alla ragazza più ”conosciuta” della scuola sia una buona idea.

Eighth Grade
Eighth Grade

Kayla adepta di una religione chiamata social network, dovrà opporsi ad un’accettazione sociale ridotta ad un mero gioco per restare aggrappata ad uno status accettabile per un pomeriggio al centro commerciale. Lei, che nella scatola del tempo aveva sotterrato una copia di Playbill e un pupazzetto di SpongeBob. Così, colpisce per durezza e sensibilità la sequenza in cui si ritrova a giocare a “obbligo o verità” con un ragazzo più grande, finendo per scusarsi per qualcosa che non voleva fare. Una delle scene più forti (e forse inconsapevole) nell’era del #MeToo. Talmente radicale per Kayla che solo toccando la realtà riesce ad accettare un futuro diverso, che sia alla sua altezza. Trovando, alla fine, un sorriso da cui ripartire. Quale? Il suo, ovvio.

  • Qui il trailer di Eighth Grade, mentre il film è qui.

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