ROMA – Brian (Joel Kinnaman) e Saya (Catalina Sandino Moreno) Godlock sono le due metà di una famiglia unita. Loro figlio (Anthony Giulietti) è protetto, amato e felice. La loro vita però cambierà per sempre la Vigilia di Natale. Durante una guerra tra bande un proiettile uccide il bambino. Brian, disperato, si lancia al loro inseguimento per finire in un letto d’ospedale, semi-dissanguato dopo che il capobanda Playa (Harold Torres) con un coltello gli ha reciso le corde vocali. Nel lungo periodo di convalescenza Brian si isolerà dal mondo esterno facendo della vendetta paterna la sua personale missione di vita. Parte da qui Silent Night – Il silenzio della vendetta, il nuovo (attesissimo) film di John Woo al cinema con Plaion Pictures.
La pellicola rappresenta infatti il ritorno al cinema action hollywoodiano per John Woo vent’anni dopo quel Paycheck che pose i sigilli a un decennio di pura adrenalina filmica tra Senza tregua, Nome in codice: Broken Arrow, Face/Off, Mission: Impossible II e Windtalkers, che fecero le fortune alterne di icone del cinema hollywoodiano come Jean-Claude Van Damme, John Travolta, Nicolas Cage, Tom Cruise e Ben Affleck. Stavolta è il turno di Joel Kinnaman a cui Woo affida le chiavi di un concept decisamente atipico: «Un film molto interessante Silent Night, totalmente senza dialoghi. Questo mi ha permesso di usare le immagini per raccontare la storia attraverso le percezioni del personaggio. Usiamo la musica invece del linguaggio, e il film è tutto incentrato sulla vista e sul suono».
Una scelta, quella legata alla struttura del film, dettata principalmente da ragioni di budget: «Era un po’ stretto a dire il vero, e il programma serrato, ma mi ha fatto cambiare lo stile di lavoro. Di solito, per una grande produzione, giro in studio realizzando molti raccordi, molta copertura, per poi lasciare tutto in sala di montaggio. In questo film ho provato a cambiare le cose. Nessuna copertura. Scene che nello script risultavano di due-tre pagine le ho girate in un’unica ripresa» così da dare maggior immediatezza, compostezza e fluidità in immagine. Non tanto però in termini di costruzione. Ci mette tanto Silent Night ad ingranare. Nonostante un incipit ritmato in puro stile John Woo – con tanto di immancabile pistola dorata – la vera azione arriva soltanto alla metà del secondo atto.
Fino a quel punto John Woo carica al massimo la componente lirico-emozionale del racconto avvolgendo ogni fotogramma di Silent Night del dolore di una vita spezzata e delle conseguenze di un lutto impossibile da elaborare altrimenti se non nel silenzio di un’unione familiare che va a dissolversi lentamente, di sequenza in sequenza. Qui grande merito a un Kinnaman a cui Woo chiede gli straordinari in termini di intensità scenica andando a toccare corde drammatiche non propriamente nel bagaglio di un interprete che negli ultimi anni, tra Altered Carbon e The Suicide Squad, ha fatto della fisicità il suo punto di forza. E del resto è giusto che sia così. In fondo il suo Brian è un every-man che vede l’armonia della sua vita completamente sconquassata e ribaltata per volere di un proiettile vagante.
Un po’ il principio alla base del successo di Trappola di Cristallo (sempre a proposito di action dove il Natale diventa il fattore aggiunto nel creare l’atmosfera emotiva). Nel capostipite della saga John McClane/Bruce Willis è un poliziotto comune costretto a compiere gesti straordinari per salvare la situazione (e sua moglie Holly). In Silent Night avviene lo stesso. Da qui la cura con cui Woo sottolinea ogni momento della sua graduale crescita emotiva, fisica e di combattimento competente, finendo però con il dissipare quello che sarebbe altrimenti il naturale e organico sviluppo di un action abituale. Ciò però che la narrazione perde nello sviluppo, lo guadagna nel terzo atto, prima in inseguimenti supersonici a bordo di una Ford Mustang blindata, poi in un piano sequenza acrobatico su di una rampa di scale.
Un concentrato di proiettili, sangue e coreografie mozzafiato reso memorabile dalla tipica accoppiata John Woo. Quei trench e fucile a pompa imbracciato a piene mani che non possono non riportare alla mente le gesta filmiche leggendarie di Chow Yun-Fat tra A Better Tomorrow e Hard Boiled. Per un Silent Night da considerarsi inevitabilmente come un John Woo minore se rapportato all’immensità del suo opus filmico, eppure di carattere, dotato di gran cuore e certamente destinato allo status di deciso instant-cult.
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