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Mission: Impossible 2 | Tom Cruise (e Hitchcock) per il blockbuster estivo di John Woo

Il secondo capitolo della saga di Ethan Hunt? Un grande successo ingiustamente sottovalutato…

Mission: Impossible 2
Mission: Impossible 2

MILANO – «Expect the impossible… again». Fu un enorme successo di critica e pubblico Mission: Impossible di Brian De Palma. A voler cercare un difetto in quella che la prova del tempo ha dimostrato essere una delle opere più iconiche degli anni novanta hollywoodiani, vi è forse la scelta di impostare il racconto secondo il respiro scenico dello spy-movie compassato che non action. Questo il pensiero del produttore e interprete centrale Tom Cruise che per il suo diretto sequel – Mission: Impossible 2 – non voleva altro che azione pura e stunt al cardiopalma. Per riuscire nei suoi intenti artistico-produttivi il volto scenico di Ethan Hunt le pensò tutte. Arrivò perfino a mentire spudoratamente alla compagnia assicurativa dicendo loro che sarebbe stata una troupe di stuntman professionisti ad occuparsi delle scene d’azione più estreme: le farà (quasi) tutte lui, persino la scalata a mani nude sulle note di Iko-Iko di Zap Mama del formidabile incipit. Serviva solo la giusta mano registica a questo punto. E negli anni novanta hollywoodiani se si era in cerca di action rigorosi dalle sequenze esplosive c’era solo un nome da annotarsi sul taccuino: John Woo. Un pedigree da combattimento consolidato in terra asiatica tra il 1986 e il 1992 con A Better Tomorrow, The Killer ed Hard Boiled, che lo vide infine fiero colonizzatore del box-office con l’accoppiata Broken Arrow/Face/Off. E così Cruise non aveva dubbi: era lui l’uomo giusto per Mission: Impossible 2.

Ethan Hunt e i mitici Oakley all'inizio di Mission: Impossibile 2
Ethan Hunt e i mitici Oakley all’inizio di Mission: Impossibile 2

A detta di alcuni critici la trama del secondo capitolo della saga di Ethan Hunt rimanda e non poco al celeberrimo Notorious – L’amante perduta di Alfred Hitchcock. Tanti sono in effetti i punti in comune tra le due opere. A partire dallo sviluppo della dinamica relazionale Ethan Hunt (Tom Cruise)/Nyah Hall (Thandie Newton) e quella Devlin (Cary Grant)/Alicia Huberman (Ingrid Bergman), nonché i loro sforzi nell’impedire a Sean Ambrose (Dougray Scott)/Alexander Sebastian (Claude Rains) di diffondere nel mondo una pericolosa arma biologica (Chimera per Woo/uranio impoverito per Hitch). In ambo le narrazioni l’andamento è pressoché identico. Un agente segreto recluta una donna in difficoltà per aiutarlo in una missione avente ad oggetto armi biologiche distruttive. I due si innamorano e lei va sotto copertura. Scoperto l’inganno il nemico avvelena la donna. All’agente tocca salvare lei e impedire al nemico i suoi piani di distruzione globale. Pur sentendo il peso del passato depalmiano Woo ci mise tutto del suo stile ritmico e fumettoso cercando di distanziarsene il più possibile. Lo stesso Cruise-produttore lo incoraggiò spiegandogli come intendesse ogni episodio di Mission: Impossible slegato stilisticamente dal precedente.

Mission: Impossible 2
Tra le fiamme…

L’elaborato intreccio e le dense atmosfere da thriller internazionale del predecessore vengono così snellite nel loro dispiego per trovarvi nuova forma filmica. Lasciano il posto infatti alla pura azione adrenalinica di un impianto narrativo semplice nel suo poggiare tutto su tre macro-sequenze esplosive trovandovi però amalgama impareggiabile in quella costruzione d’immagine rigorosa tipicamente Woo capace di dar vita a un racconto dallo sviluppo riecheggiante, si, al passato hitchcockiano, ma anche musicalmente armonico nel dar senso a una componente umana-amorosa altrimenti stereotipata. Un successo quindi? Solo sulla carta. Riconosciuto unilateralmente come il capitolo più debole della saga dell’agente MI6 Ethan Hunt, Mission: Impossible 2 deve molto del suo insuccesso alla scellerata post-produzione a cui fu costretto. Woo immaginava un montaggio di quasi tre ore e mezza. La Paramount di poco più di due. Il regista cantonese non poté mai operare i tagli secondo la sua visione filmica. Complici una serie di battibecchi con il direttore della fotografia Andrew Lesnie – licenziato in tronco da Woo dopo poco meno di un mese di lavorazione – Cruise fece suo il final cut estromettendolo, di fatto, da ogni processo post-produttivo.

John Woo e Tom Cruise sul set

Numeri alla mano però, con poco meno di cinquecentocinquanta milioni di dollari, Mission: Impossible 2 non fu soltanto il film che incassò di più a livello globale di quell’annata cinematografica – nonché, ironicamente, quello di maggior profitto per John Woo – ma anche il Mission: Impossible più profittevole per quasi quindici anni, primato poi decaduto nel 2011 in favore dei quasi settecento milioni di dollari di Mission: Impossible – Protocollo fantasma. Per precisa scelta strategica della Universal Pictures arriverà nelle sale italiane il 7 luglio 2000 conquistando, con poco meno di due milioni e mezzo di euro al botteghino, i favori delle roventi platee estive nonostante l’abituale inerzia del pubblico dello stivale. La critica lo massacrò senza attenuanti, il pubblico lo premiò per oltre un decennio. Abbastanza da convincere la Paramount a proseguire una saga che con JJ Abrams e Brad Bird prima e Christopher McQuarrie poi, incanalerà le impossibili avventure di Ethan Hunt verso stunt sempre più folli, binari produttivi sempre più stabili e incassi sempre più proficui.

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