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Frederik Louis Hviid e Anders Ølholm: «Noi, la Danimarca e la storia vera dietro a Shorta»

Le influenze, la violenza, le influenze e George Floyd: i registi raccontano il film, ora in streaming

Shorta
Jacob Lohmann e Tarek Zayat in Shorta. Foto di Tine Harden

ROMA – Gli agenti Jens e Mike sono di pattuglia nel ghetto di Svalegården quando la radio annuncia la morte di Talib, 19 anni, morto dopo essere stato preso in custodia della polizia. Esplode una rivolta nel quartiere e i due poliziotti ci finiranno dentro. Frederik Louis Hviid e Anders Ølholm sono i registi di Shorta, film caso presentato alla Settimana della Critica a Venezia nel lontano 2019, poi dimenticato ed ora finalmente disponibile in streaming su Prime Video in flat. Un’opera assolutamente da recuperare (ve ne abbiamo parlato anche qui) che stupisce per la sua aderenza al reale e l’universalità dei temi trattati. «Ma con questo film non ci interessava esprimere giudizi ma capire perché le persone arrivano a vedere il mondo in un certo modo…», spiegano i due autori a Hot Corn.

I registi di Shorta: Frederik Louis Hviid e Anders Ølholm
I registi di Shorta: Frederik Louis Hviid e Anders Ølholm

L’ATTUALITÀ – «Il film si apre con una frase tristemente attuale, “I can’t breathe”, la stessa detta da George Floyd prima di morire. Quella scena è ispirata al caso di Benjamin Schou, un evento accaduto nel 1992 in Danimarca, in cui un giovane è stato soffocato dalla polizia dopo l’arresto. Le sue ultime parole furono simili proprio a quelle di Floyd. Il modo in cui la scena iniziale rispecchia gli eventi visti anche negli Stati Uniti è decisamente tragico e scoraggiante. Ti fa pensare che nulla cambierà mai. Ma Shorta è una storia di speranza non un film politico. Guardare un film in un cinema è un’esperienza comune, riunisce le persone, le fa riflettere. Ed è quello che abbiamo voluto fare. La nostra speranza è che possa aiutare a rendere la conversazione su questioni difficili solo un po’ più facili…».

I registi di Shorta
Una scena di Shorta

L’IDEA – «All’inizio di tutto, ancora prima di iniziare a girare, il germe della prima idea era un concetto molto più ampio rispetto al caso di cronaca ed era ispirato a film di genere degli anni Settanta. Pensiamo a film come I guerrieri della notte di Walter Hill oppure a un altro capolavoro come Distretto 13 – Le brigate della morte di John Carpenter. Connessioni con antieroi complessi e moralmente ambigui, film che raccontano storie sulla linea sottile tra giusto e sbagliato che diventa sfocata e distorta molto facilmente».

Simon Sears in Shorta
Simon Sears in Shorta

LO STILE VISIVO – «Per l’estetica del film abbiamo avuto due riferimenti principali in termini di sviluppo del linguaggio. Il primo è senza dubbio Il figlio di Saul di László Nemes. È molto restrittivo nel modo in cui mostra il pericolo e spesso senti molto più di quanto vedi. Un altro film è stato Salvate il soldato Ryan. Soprattutto il modo in cui Steven Spielberg e il direttore della fotografia, Janusz Kamiński, appoggiano la camera a terra, come se l’operatore fosse uno dei soldati e fosse coinvolto nel fuoco incrociato.

Jacob Lohmann in una scena del film
Jacob Lohmann in una scena del film

LE ISPIRAZIONI – «Uno dei film che ci ha ispirato è Point Break di Kathryn Bigelow. Il lavoro di Spike Lee e David Ayer sono altre due influenze. Anche L’Odio di Matthieu Kassovitz ha ovviamente avuto un impatto enorme su entrambi, tanto che se ci fate caso Shorta gli rende omaggio con un murales. Ma anche L.A. Confidential e la dinamica tra i due protagonisti: due uomini e agenti diversi, in disaccordo perenne ma che finiscono per influenzarsi e cambiarsi a vicenda. E poi c’è Nicolas Winding Refn. I suoi film non erano un punto di riferimento per Shorta, ma non possiamo sottovalutare l’importanza che il suo lavoro ha avuto su entrambi…».

  • OPINIONI | Ma perché dovreste vedere Shorta?
  • VIDEO | Qui il trailer del film:

 

 

 

 

 

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