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C’era una volta il cinema | Sergio Leone e quella conversazione lunga un libro

Il Saggiatore pubblica i dialoghi del regista con Noël Simsolo. Il risultato? Imperdibile

Sergio Leone con Robert De Niro alla prima di C'era una volta in America. Siamo nel 1984.

PARIGI – Noël Simsolo oggi ha settantasette anni, parla poco, vive ritirato e ogni tanto scrive ancora qualche sceneggiatura, vedi Le Cancre dell’amico Paul Vecchiali. Vent’anni fa, per il decennale della scomparsa di Sergio Leone, pubblicò qui in Francia per i Cahiers du Cinéma un libro: Conversations avec Sergio Leone. Grazie a Il Saggiatore, quel volume è disponibile da qualche mese anche in Italia con un altro titolo, C’era una volta il cinema, poco più di duecento pagine fondamentali per chiunque ami l’opera del regista italiano. «Alla base di questo libro ci sono quindici anni di amicizia», precisa nella prefazione lo stesso Simsolo, «quindici anni passati tra trattorie romane, bistrot del Marais, palazzi parigini e il mercato delle pulci di Montreuil. Momenti in cui ho avuto il privilegio di essere al fianco di Sergio in ogni tipo di situazione: dagli uffici di avvocati a cene con Jean Gabin».

La copertina di C’era una volta il cinema. Il libro è edito da Il Saggiatore.

Per chi ama il cinema di Leone C’era una volta il cinema non è solo un libro, ma è la porta d’ingresso nel mondo di un uomo che seppe rivoluzionare il cinema del Novecento a modo suo, senza mai scendere a compromessi, anche a costo di anni di attesa o di pause forzate. Difficile scegliere i passaggi migliori, rimangono in testa alcune intuizioni (Jean Gabin a interpretare Noodles da vecchio) e molti incontri raccontati nel dettaglio, da John Milius ai dialoghi con Spielberg («Il suo film migliore? Duel») fino all’ossessione C’era una volta in America e all’incontro in gran segreto con Harry Grey per parlare del suo Mano armata.

Sul set di C’era una volta il West: Henry Fonda, Claudia Cardinale, Leone, Charles Bronson e Jason Robards.

A colpire però è anche la parte dedicata all’infanzia, con il rapporto con il padre regista, Vincenzo Leone, e le battaglie con i piccoli coetanei sulle scalinate di viale Glorioso, a Roma, che gli sarebbero rimaste in testa diventando poi quelle di C’era una volta in America. Ma c’è spazio anche per la politica e per le sue dichiarazioni da anarchico convinto, poi le passioni letterarie («Viaggio al termine della notte di Céline, che grandi libro, sì, ma come fai a farci un film?») e quelle cinematografiche, la sua passione per John Ford e i suoi western preferiti: «Vediamo: Sfida infernale di John Ford, Ultima notte a Warlock di Edward Dmytryk, Winchester ’73 di Anthony Mann e soprattutto Un dollaro d’onore di Howard Hawks».

Con Rod Steiger e James Coburn sul set di Giù la testa.

Ma il libro è una miniera di aneddoti su Sergio Leone: la riscoperta di un povero Lee Van Cleef in disgrazia, la comparsata per Vittorio De Sica in Ladri di biciclette, il rapporto con la critica, la sua opinione su Kubrick, l’attacco al cinema televisivo («Ma come si fa a premiare con l’Oscar Voglia di tenerezza) e poi il rapporto con Robert De Niro durante le riprese di C’era una volta in America: «Un’intesa rara. Mai state discussioni, fiducia assoluta: Bob rideva quando simulavo le scene e quelle risate furono una vera dimostrazione di complicità». Un dialogo aperto in cui Sergio Leone gioca a viso aperto, mescola cinema e politica, cita Chaplin e smonta Hitchcock («Trovo Fritz Lang più interessante»), ricorda Trastevere e spiega lo stupro di Deborah: «Una imbecille mi ha accusato di compiacimento misogino».

Con Robert De Niro sul set di C’era una volta in America.

Poi, verso la fine del volume, Sergio Leone spiega la sua idea di America: «Una mia vecchia idea, sì: penso che l’America sia un mondo di bambini. Anche Chaplin a suo tempo lo aveva dovuto credere e oggi anche Spielberg penso lo creda. Noodles era uno di questi bambini. Certo non un boy scout à la Frank Capra, ma una specie di Mickey Rooney che mostrava i denti e stringeva il coltello in tasca». E quindi ecco il cinema come strumento per analizzare il mondo e raccontarsi, il cinema come qualcosa di enorme a cui votarsi e in cui credere ciecamente, il cinema come la vita: un’esperienza totalizzante che non lascia scampo. Non un semplice libro, ma qualcosa da tenere sul comodino e da leggere e rileggere per capire cosa significhi davvero essere grandi.

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