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Sergio Castellitto: «Io, tra Lampedusa, Pietro Bartolo e una speranza di nome Nour»

La vita, il cinema, la politica, le migrazioni: l’attore racconta Nour, film che andrà in sala per tre giorni

Sergio Castellitto e Linda Mresy in una scena di Nour, al cinema dal 10 agosto.

ROMA – Un viaggio, un uomo, molte responsabilità: ispirato al libro Lacrime di sale di Pietro Bartolo, Nour, diretto da Maurizio Zaccaro e interpretato da Sergio Castellitto, racconta la figura del medico di Lampedusa e il dramma dei migranti attraverso la storia di Nour, una bambina siriana in cerca di sua madre. In sala il 10, 11, 12 agosto con Vision Distribution, il film è stato presentato in una conferenza stampa a distanza – nemmeno a dirlo – con Zaccaro, Castellitto, Pietro Bartolo e le produttrici Elisabetta Olmi e Donatella Palermo. Storie, di vita e uomini, fondamentali per scuotere le coscienze: «doveva venire fuori la verità su quello che stava succedendo a Lampedusa», ha affermato Bartolo. Sergio Castellitto ha invece parlato della realtà dell’isola e dell’importanza di raccontare – ancora – la figura del medico. Ecco cosa ci ha raccontato l’attore via Zoom.

Sergio Castellitto durante l’intervista via Zoom.

IL SET A LAMPEDUSA – «Girare Nour? Un privilegio. Stavamo tutti dentro quel cratere, perché Lampedusa sembra veramente un enorme cratere circondato dal mare. Una particolare capacità di Maurizio è stata non far apparire il set come un set ma semplicemente come un fotogramma di quella realtà. Noi giravamo in zona ma non distinguevi il luogo dove era appoggiata la cinepresa e il luogo dove c’era la vita reale. Abbiamo toccato tutti con mano, con mano vera. Io li ho toccati i ragazzi su quelle barche, ho messo le coperte termiche a quei volti meravigliosi. È stato intenso e credo sia un’esperienza che lascerà traccia, in questo senso. Ma la lascerà in termini soprattutto narrativi, poetici, umani. Il che dovrebbe contare sopra ogni altra cosa».

Castellitto e Linda Mresy in una scena di Nour.

LA MIGRAZIONE – «Io credo serva tenere separate le cose. Noi dobbiamo parlare di un film che è un gesto innanzitutto artistico. Faremmo un torto a Nour, a tutti noi, se pensassimo che questo film può diventare uno strumento per capire o per consegnarci qualche soluzione rispetto alla tragedia che si sta vivendo. Penso che dobbiamo stare sul pezzo, in qualche misura, e dobbiamo accettare l’idea che la responsabilità, se c’è una responsabilità storica e politica, è una responsabilità internazionale. Il grande assente è l’Europa. Noi siamo portati, anche geograficamente, a salvare le persone, perché noi siamo il ponte del Mediterraneo, noi siamo il molo».

Il regista Maurizio Zaccaro sul set.

GLI ITALIANI – «Il problema è complesso e atrocemente più serio, e non dobbiamo neanche cominciare a prendercela con quegli italiani che rivelano un atteggiamento ostile nei confronti di tutto questo. Non possiamo cadere in questa trappola. Perché se diamo una multa di 400 euro a un povero disgraziato che entra in un bar senza mascherina per prendere un caffè e poi accadono certe cose, il sentire comune – per quanto semplicistico – è quello. E dobbiamo tenerne conto, perché altrimenti sarebbe compiere un gesto di disonestà intellettuale. Questa è l’unica cosa para politica che mi sento di dire. Ma preferisco sempre parlare di arte».

Ancora Castellitto durante l’intervista.

IO E PIETRO – «Gli attori devono evocare, considerare il personaggio come vero, anche se la storia e il percorso di Bartolo non avrebbero bisogno del film. Il film è potente nella sua semplicità. Il compito degli artisti è consegnare una metafora, una parabola “evangelica”. Nour è la storia di un uomo che tende la mano e salva gli altri. Si chiede: “Si può svuotare il mare con un cucchiaino?”. No, però ci prova. Recitare Pietro è stato semplice, lui è un uomo molto discreto, si è presentato molto raramente sul set, non ha mai invaso più di tanto, anzi certe volte sembrava una specie di curioso che guardava le riprese».

Nour
Linda Mresy in un altro momento di Nour.

IO E NOUR – «Volevo mettere in scena un essere umano, non un medico. C’è un rapporto di paternità tra Bartolo e Nour, la bambina. C’è un momento quando lui parla del padre in cui Pietro diventa figlio e racconta un pezzo della sua adolescenza, della sua solitudine, di quella stringente, drammatica, povertà che ha unito quelle persone e quella gente. Nour è quasi un’orfana o forse è un’orfana, forse non ritroverà mai più la madre o forse la ritroverà, ma è un orfano anche Pietro. Perché sono tutti orfani davanti a quel mare. Siamo tutti orfani davanti a quel mare».

  • Qui potete vedere il trailer di Nour:

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