ROMA – L’abbiamo imparata a conoscere e amare come l’inarrestabile Leonarda Scotellaro di The Bad Guy, ma i critici e cinefili più attenti si saranno già appuntati il suo nome dopo il dolce ma folgorante esordio in Cuori Puri di Roberto De Paolis del 2017 e il doloroso e (assolutamente) necessario Spaccaossa di Vincenzo Pirrotta del 2022. Stiamo parlando di Selene Caramazza, una delle attrici più interessanti e talentuose del panorama (tele)filmico italiano. In attesa della seconda stagione di The Bad Guy – in arrivo su Prime Video a partire dal 5 dicembre – abbiamo avuto il piacere di incontrarla per parlare a ruota libera di vita di set, di cinema e di processo creativo. Ma c’è stato tempo anche per parlare dei film del cuore e di una suggestione che è anche un sogno nel cassetto: Pablo Larraín.
THE BAD GUY 2 E LA MIA LEONARDA – «Il ruolo di Leonarda in The Bad Guy è arrivato dopo dei provini. La cosa che subito mi ha colpito di lei è stato il carattere, l’atteggiamento, l’attitude. Quando ho letto del personaggio, ho visto la bozza, il disegno. Perché una cosa molto bella che facevano in fase di provini è che mandavano in allegato la bozza, il disegno del personaggio con tutta una descrizione molto dettagliata del tipo Leonarda mangia schifezze, Leonarda fa a botte, che sembrano cose futili ma che invece sono tutte delle caratteristiche molto pregnanti del personaggio e che ti danno poi la possibilità di andare con un’idea ben precisa. Poi ti danno la possibilità di giocare, di sperimentare, di dare tu delle idee, ma allo stesso tempo ti danno tutto il materiale possibile e questa è una cosa molto bella per un attore, perché andiamo già con un’idea. Credo che Leonarda sia uno di quei personaggi che qui in Italia si vede ben poco. Un personaggio dal respiro internazionale – qualcosa che mi ha catturata fin da subito – e poi sentivo di interpretare un personaggio diverso. Molti mi conoscevano per Cuori Puri dove ero una ragazza pura e leale, semplice, quindi l’idea di fare qualcosa che mi portasse ad avere un carattere più graffiante, più duro, erano comunque corde che volevo toccare e poi mi davano la possibilità di trasformarmi. Quella per me è una cosa basilare. Giocare con i costumi, con i capelli, essere irriconoscibile, è qualcosa che in questo momento cerco».
TRASFORMARSI – «Quand’è arrivata Leonarda ricordo ancora che il primo giorno di prove costumi, di taglio capelli, Giancarlo (Fontana nda) e Giuseppe (Stasi nda) mi guardano e mi fanno: “Non è che vuoi provare a tagliarli?” Sentivo in loro la necessità di cominciare a vedere Leonarda e anche in me premeva quella necessità di cominciare a viverla, a sentirla, a vedermi Leonarda allo specchio. Da lì e poi è partita tutta la costruzione del personaggio. Una cosa che mi ha catturato di lei è che Leonarda ha delle caratteristiche molto lontane da Selene. Selene è più introversa e timida mentre Leonarda è più schietta, diretta e dura, forte. È sempre terapeutico per me interpretarla. Ha questa roba che cammina sempre a testa alta, quest’atteggiamento che è come una botta di autostima, perché ha una strafottenza che Selene non ha. Durante la prima stagione di The Bad Guy, quando ho iniziato a lavorare su Leonarda, inizialmente mi impauriva proprio per il fatto che non riuscivo a vedere nulla di Selene. Non sapevo cosa poter dare al personaggio. In genere mi piace sempre dare qualcosa di mio in modo che sia anche più personale, e invece qui mi sono ritrovata a lavorare su cose totalmente diverse e tutta la preparazione fisica che ho fatto, con gli stunt, mi ha aiutata a costruirla. Ad avere quello sguardo e quell’atteggiamento militaresco. Ho fatto un lavoro vero e proprio per entrarci, in Leonarda, e credo che alcune caratteristiche facciano parte di me ma non emergono mai e quindi, con un personaggio totalmente diverso, mi permettono di farle uscire. Che poi è la cosa bella di questo lavoro: scoprire cose di sé che magari, nella vita di tutti i giorni non puoi sperimentare, mentre lavorando su un personaggio, si».
CUORI PURI E LA MIA AGNESE – «Agnese è un personaggio che mi è rimasto nel cuore. Cuori Puri è stato il mio primo film, lo considero il mio battesimo. Anche perché era un po’ la prima volta di tutti. Per la produzione, per il regista Roberto De Paolis (era l’opera prima). Anche lì ho fatto un lavoro di preparazione molto lungo. Per tre mesi ho frequentato una comunità religiosa, ne sono entrata a far parte perché si raccontava un tema veramente molto importante. E quando si raccontano temi così le scelte sono due: o si rimane in superficie e si simula o si decide di fare un percorso vero, quindi di entrarci a fondo, e quello è il mio modo di lavorare. Mi piace. Per me tutta la fase di preparazione è la fase più bella perché quando arrivi sul set il personaggio è lì, lo hai dentro, lo lasci vivere e fluire all’interno della storia. Ed è un personaggio Agnese che anche lì, a un certo punto, Roberto e gli sceneggiatori hanno cominciato a scrivere su di noi. La prima visione di Cuori Puri ricordo ancora che mi aveva un attimo spiazzata perché vedevo tante cose di Selene in Agnese. Quella timidezza, quella tenerezza, non so, quel modo goffo di camminare, di guardarsi».
ROSETTA – «Cuori Puri è stato un pezzo di cuore anche per i rapporti che ne sono nati. Con Barbara Bobulova ricordo ancora che Roberto ci portò un weekend fuori, in Toscana, per cercare di legare nel rapporto mamma-figlia, quindi ci ritrovammo ad andare in chiesa insieme, ma anche con Simone Liberati. Anche per lui era il primo film. È proprio un pezzo di cuore per quel motivo lì, perché comunque è un film molto vero. Roberto ci ha dato tanta libertà di improvvisare durante la lavorazione, lasciando a noi attori la possibilità a noi attori di raccontare dei personaggi senza paletti. Ed è bello perché poi, durante le riprese, tante cose cambiavano anche in relazione a come percepivo io il personaggio. Tanti momenti di Agnese, per esempio, in cui magari doveva piangere, in sceneggiatura erano scritti in un determinato momento e poi durante la lavorazione ci rendevamo conto che venivano fuori in altri. È un approccio al lavoro che mi ha ricordato molto Rosetta dei Dardenne, uno dei miei film del cuore, quindi quando ho letto la sceneggiatura di Cuori Puri mi sono detta: Io voglio lavorare in quel modo lì. Voglio attuare quel processo lì».
SPACCAOSSA E LA MIA LUISA – «Quel film è davvero un altro pezzo di cuore, è stata una lavorazione molto intensa. Un personaggio, Luisa, che ti dirò, gli ultimi giorni di riprese, dentro di me, ho percepito che dovevo mollarlo. Come fosse un qualcosa di fisiologico. Arriva un momento in cui ti rendi conto che devi davvero lasciare andare un personaggio così. Luisa la considero sempre come un piccolo animale selvaggio che cerca di farsi spazio in un mondo ostile, crudo. Lei cerca una speranza, una via di fuga, e forse quel finale, per quanto duro, è la sua unica via di fuga possibile. Una cosa che premeva me e Vincenzo Pirrotta (il regista di Spaccaossa nda) durante la lavorazione era proprio di fare anche un lavoro sul corpo di Luisa, su come cammina. Lei cammina sempre curvata, molto chiusa. E anche sul look, lì abbiamo optato per qualcosa di oscuro e dark, non è la sua maschera quella, ma il suo rivestimento, la sua pelle, la sua armatura. Gli ultimi giorni di set li ricordo ancora. Giravamo nel casolare dove avvenivano le spaccature e sono stati giorni molti forti. Lì mi sono davvero resa conto che dovevo mollare il personaggio. Per costruire Luisa ho cercato anche di isolarmi, di vivere in solitudine. Ricordo ancora che la produzione mi mise in un hotel, da sola, distaccata da tutti, e quell’isolamento lì mi ha aiutato tanto. Sono stata tantissimo a Palermo, ho fatto un mese di preparazione lì e poi un altro giù per le riprese, e vivere quegli ambienti, quei luoghi, mi ha aiutato a costruirla perché Luisa è davvero un’anima sola e fragile».
PERSONAGGI E SPERIMENTAZIONI – «E per quanto cruda, per quanto forte, ma la storia di Spaccaossa meritava davvero di essere raccontata. È uno spaccato della nostra società. Racconta di cosa si è disposti a fare per dei soldi, fino a dove si arriva per sopravvivere. La cosa tenera è che Luisa si era illusa di aver trovato in quest’uomo una speranza che poi non si è manifestata. È uno di quei personaggi che per me è necessario da raccontare. Con Luisa abbiamo potuto raccontare della fragilità umana, un’ombrosità, un malessere interiore, è un qualcosa che mi stimola come attrice. Anche con Spaccaossa ho avuto l’opportunità di cambiare, di lavorare su delle corde oscure, sono sempre personaggi non facili, disturbanti, che sicuramente non danno tranquillità. Però sono tutti personaggi – Luisa come Agnese e Leonarda – in cui mi piace investire, sperimentare, lavorarci dentro. E Luisa è di base una bambina che è cresciuta in un posto sbagliato. Purtroppo, a volte, quando si cresce in un posto sbagliato, è anche difficile uscire da lì, da quella condizione. E anche quel finale, così duro, così aspro, difficile, anche quello era necessario. Non è un film scontato Spaccaossa, non appaga nessuno, e lì Vincenzo è stato davvero coraggioso ad andare fino in fondo a raccontare una realtà per quello che è, cruda e vera».
CORPO E ARIA, UN PICCOLO FILM – «Più che un corto, Corpo e Aria è un piccolo film, molto denso. Io e Cristian (Patané il regista) ci siamo conosciuti sul set della serie L’Ora – Inchiostro contro Piombo, dove lui faceva l’assistente di Piero Messina. Un giorno mi chiamò e mi disse: “Ho avuto quest’idea, folle”. E gli ho risposto: “Ok dai, buttiamoci!” Perché più sono folli le idee più mi innamoro e vado dritta. Anche lì ho fatto un lavoro di preparazione. Cristian mi ha accompagnata in quelle realtà lì, a vivere quel tipo di situazioni. Tutta la lavorazione di quei giorni condensati, in quella stanza, con un personaggio senza battute, è stata molto intensa perché mi ha permesso di lavorare in sottrazione. Tutto inglobato dentro di me, e tutto quello doveva uscire poi nello sguardo. Cosa necessaria, tra l’altro, perché in tutta la prima parte del film ho la mascherina in faccia. E quindi tutto sta lì, nelle piccole cose della gestualità, nello sguardo, che dovevano emergere fuori. In questo Cristian è stato bravo perché ha creato intorno a me un’atmosfera molto condensata. Corpo e Aria è per davvero molto disturbante. Chi lo vede la prima volta esce dalla visione con qualcosa che rimane dentro per giorni, ed è interessante perché vuol dire che ha suscitato per davvero qualcosa: Raccontare la morte è sempre qualcosa di scomodo. E raccontarla così, mettendoci di mezzo qualcosa che va oltre – non un estraneo ma una tua persona – è davvero forte».
KIESLOWSKI, LARRAIN, GUADAGNINO – «Oltre a Rosetta, direi senz’altro La Doppia Vita di Veronica di Krzysztof Kieślowski. Poi ho visto tutti gli altri da lui diretti, ma quel film racconta un personaggio femminile veramente sfaccettato su di un doppio livello narrativo. Un film tenero, duro, nostalgico, unico. Quello è stato un film che dopo averlo visto, dopo aver visto quel personaggio, ho capito di voler fare l’attrice. Volevo davvero mettermi in gioco e avere la possibilità di raccontare personaggi come quello di Veronica. Tra i registi in attività amo molto Pablo Larraín. Secondo me ha un modo di raccontare dei personaggi femminili veramente interessante, e il modo in cui lo fa, come li mette in scena, è incredibile. Mi viene in mente Spencer ad esempio, ma anche Ema, uno dei suoi film più liberi. Un film così selvaggio con un personaggio femminile così potente e così graffiante. Sarebbe un sogno poter lavorare con lui. Un altro con cui vorrei lavorare è Luca Guadagnino. Ha una sensibilità, una delicatezza e una visione delle storie e della vita molto stimolante…».
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