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Reflection di Valentyn Vasjanovyč, ovvero quando il grande cinema riflette la realtà

Ambientato nel Donbass del 2014, la pellicola non ha paura di porre domande e di riflettere sui traumi

Il dramma in Reflection
Il dramma in Reflection

MILANO – Ambientato durante la guerra del Donbass del 2014 nell’Ucraina orientale, Reflection (Vidblysk) racconta del chirurgo ucraino Serhiy (Roman Lutskiy) e del suo arresto da parte delle forze militari russe. Durante la prigionia assiste a spaventose scene di umiliazione, violenza, e indifferenza verso la vita umana. Dopo uno scambio di prigionieri che ne vede il ritorno alla civiltà Serhiy fa fatica a ritrovarsi nella quotidianità. In un atto di rinascita l’uomo cercherà di riunirsi con l’umanità persa riscoprendo i rapporti con la figlia e l’ex moglie. «Il film si rivolge a un pubblico pensante. Un pubblico che non ha paura di sollevare domande dure su traumi pesanti né di cercare risposte». Così il regista, l’ucraino Valentyn Vasjanovyč, a proposito di un Reflection salvifico e benevolo nello scuotere le coscienze degli spettatori.

Lo sguardo di Valentyn Vasjanovyč in ReflectionLo sguardo di Valentyn Vasjanovyč in Reflection
Lo sguardo di Valentyn Vasjanovyč in Reflection

Presentato in Concorso a Venezia 78, il critico quadro storico-culturale tra Ucraina e Russia di cui tutto il globo è spettatore preoccupato ed impaurito ne ha reso necessaria la distribuzione su tutto il territorio. E allora il consiglio è di non perdere Reflection per nulla al mondo. Per Roberto Cicutto (Presidente de La Biennale di Venezia) è “Un film che denuncia quanto poco si sia fatto e quanto poco si sia capito sulla possibilità che potessero riaccadere cose che si pensavano relegate all’archeologia”. Una lezione di storia critica di cine-verità. Peculiarità di cui è ben consapevole il quasi cinquantaduenne Vasjanovyč figlio della scuola di Andrzej Wajda che dell’orrore della guerra ha già stato trattato nel precedente Atlantis (Atlantyda, vincitore del Premio Orizzonti per il miglior film a Venezia 76). Un racconto di near-future nichilista che nel raccontare dello stress post-traumatico dell’ex-soldato Sergeji immagina l’Ucraina post-bellica del 2025 come deserto inadeguato alla presenza umana.

Reflection
Una scena del film

Ecco Reflection è un po’ l’altra faccia delle conseguenze di Atlantis (di cui potete leggere qui). Dismessa l’allegoria distopica in favore della contemporaneità del passato recente Vasjanovyč sceglie di raccontare l’intimità degli effetti bellici sull’uomo comune attraverso un lungo caustico piano sequenza a camera fissa composto di 29 inquadrature che tra rigorosi campi medi e dinamiche semi-soggettive vive della perfetta miscela filmica di delicatezza registica e ferocia di intenti. C’è fierezza e coraggio nell’idea di cinema – e di riflesso – nell’uomo Vasjanovyč. Non stupisce affatto saperlo a Kyiv nei giorni del terrore russo. Il regista ucraino ha deciso di restare accanto al suo popolo così da guidarlo verso un domani di ricostruzione e pace: «Voglio essere tra persone consapevoli della loro appartenenza etnica, culturale e politica per acquisire esperienze importanti che mi aiuteranno a creare storie vere su di loro». Possiamo imparare molto da Reflection e da uomini come Vasjanovyč: c’è sempre da imparare quando il cinema riflette la contemporaneità con intelligenza e spirito critico.

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Qui il trailer di Reflection:

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