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PadreNostro | Pierfrancesco Favino, Alfredo Noce e l’Italia degli anni Settanta

Claudio Noce ripercorre la storia vera del fallito attentato a suo padre da un punto di vista inedito

PadreNostro
Una scena di PadreNostro di Claudio Noce

ROMA – È il 14 dicembre del 1976 e lungo Via Bennicelli, a Roma, davanti alla casa di Alfredo Noce, si consuma un atto di efferata violenza che spacca in mille pezzi la routine locale e nazionale. Nella mattina, appostati in un furgone, tre nappisti (appartenenti al gruppo nominato NAP: Nuclei Armati Proletari) sono in attesa dell’uscita del proprietario di casa, Alfredo Noce, per tendergli un agguato. All’epoca l’uomo era il responsabile dei Servizi di sicurezza per il Lazio, il nucleo regionale dell’anti-terrorismo e, almeno in base a quanto riportato nel libro Vorrei che il futuro fosse oggi di Valerio Lucarelli, quell’attacco avrebbe “inferto un colpo mortale al nucleo dell’anti-terrorismo”. L’attentato, pur con qualche inconveniente iniziale, fallì, ottenendo soltanto di ferire Noce. Nello scontro a fuoco persero comunque la vita l’agente della scorta Prisco Palumbo e il nappista Martino Zichittella. Questa è la base su cui si poggia PadreNostro, la storia vera attorno a cui ruota l’affresco di un’Italia che ad oggi ci appare lontanissima.

PadreNostro
Una scena di PadreNostro

Presentato alla 77ª Mostra del cinema di Venezia, PadreNostro vede alla regia Claudio Noce, il figlio del protagonista – interpretato da Pierfrancesco Favino – e vittima di questo atto in cui politica e criminalità fondono i propri intenti. Sulla figura del figlio, infatti, si costruisce l’intera narrazione, restituendo un punto di vista inedito su un momento storico preciso e delicato sotto la doppia prospettiva privata e pubblica. I cosiddetti NAP trovano le proprie origini nei carceri italiani di metà anni Settanta. Si trattò di un’ibrido concettuale e materiale formatosi con l’incontro fra i proletari criminali dell’epoca e i politici detenuti. Al centro di tutto si rintraccia il nome di Luca Mantini, un militante di Lotta Continua, il quale ebbe l’idea di fondere i due gruppi.

Un’immagine del film

Si vocifera che, originariamente, l’attentato avrebbe dovuto essere realizzato da quattro persone, salvo un inconveniente per uno di loro. Incidente che non fermò l’azione vedendo schierate una persona pronta per la fuga dietro al volante del furgone e altre due sul campo. Nel film assistiamo al momento cruciale in cui tutto avviene e prende forma nel dolore circostante, con un tocco autobiografico dato dal punto di vista del protagonista, all’epoca un bambino.

PadreNostro
Barbara Ronchi in PadreNostro

L’attentato, come già detto, non andò a buon fine, sottolineando la fragilità di un essere umano che nel film si infrange su tutti i suoi affetti, plasmando continuamente la trasposizione intimista e quella reale verso strade più generiche. Di quel terribile giorno di dicembre si ricordano i nomi di coloro che vi persero la vita: Prisco Palumbo, l’agente di scorta di Noce, nato nel 1952 e insignito, il 12 maggio 2004 della medaglia d’oro al Merito Civile alla memoria, e quello di Martino Zichittella, entrato a far parte del gruppo dei NAP nel 1975 e implicato in tutta una serie di reati precedenti e successivi.

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La video intervista per PadreNostro è a cura di Andrea Morandi:

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