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Aspettando Venezia 76 | Da Neruda a Ema: il cinema secondo Pablo Larraín

Dalla trilogia del Cile ai ritratti di grandi icone fino al musical con cui ritorna alla Mostra di Venezia

Pablo Larraín sul set di Jackie

I personaggi, la favola, il Cile. La pellicola e la sua consistenza, la capacità di modellarla, renderla protagonista del racconto e sintomo di un’arte che non è solo superficie, ma materia tangibile, come i morti di un paese, le ferite dei rivoluzionari. Come un cinema che non dimentica. Dalla memoria degli strumenti a quella, riflessiva e radicata, di una politica dittatoriale, interiorizzata da uno dei migliori cineasti del decennio. Pablo Larraín è il regista del nuovo cinema sudamericano, un autore che ha unito l’amore per il proprio Paese alla violenza inaudita di una terra maltrattata, nella restituzione di una dignità che non tralascia la poesia.

Una scena di Post Mortem

Partendo nel 2006 con la folle ricerca del musicista in Fuga, è nel 2008 che Larraín comincia il proprio percorso narrativo sullo sfondo del Cile di Pinochet, parte fondante dei suoi film eppure dall’impatto ogni volta dominante. Percorso che ha inizio nelle fantasie ballerine del suo protagonista in Tony Manero e viene portata a compimento nell’esplosione di irruenza con cui il regista tratteggia i propri personaggi. Uomini inquieti, segnati dalla storia presente, ma a cui Larraín lascia comunque le proprie relazioni, influenzate dallo stato di regime ma, ancor più, dal contrasto dei sentimenti umani, anche i più infimi e distruttivi, che in Post Mortem portano ad uccidere per amore mentre si cerca di salvare vittime politiche.

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Un’immagine da No – I giorni dell’arcobaleno

È con No – I giorni dell’arcobaleno che la realtà si sovrappone al racconto cinematografico, con l’amico e protagonista Gael García Bernal alla guida della campagna pubblicitaria per la liberazione del proprio Paese. Non più violenza, non più bugie, non più censura. No – I giorni dell’arcobaleno chiude una trilogia ombrosa che riscopre la luce nel jingle musicale “Cile, l’allegria sta arrivando”. Una luminosità accantonata nel 2015 per riprendere verità scabrose che dovrebbero restare taciute. È quello, infatti, l’anno di uscita de El club, della comunità di preti molestatori, dei bambini ora adulti e delle loro urla che arrivano dirette allo spettatore.

Natalie Portman e Pablo Larraín sul set di Jackie

Ma è nel 2016 che Pablo Larraín si apre veramente al grande pubblico con due visioni molto distanti l’una dall’altra. Due opere che guardano da un lato alle radici del suo autore e dall’altro alla storia privata di una donna, poi diventata quella di tutti. Neruda e Jackie sono i ritratti ravvicinati di Pablo Larraín, la sublimazione della trilogia cilena nell’inseguimento tra il poeta e il suo investigatore e il lutto di una First Lady che passa dalla ricostruzione documentaristica per esplorare pubblico, privato e media.

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Mariana Di Girolamo e Gael García Bernal in Ema

Una carriera, quella del regista e sceneggiatore, divisa tra festival, in cui combina volti e suggestioni affini che torneranno anche nella 76esima edizione della Mostra di Venezia con il musical Ema. Protagonista ancora una volta l’amico Bernal affiancato dalla giovane attrice Mariana Di Girolamo, al suo debutto. Lasciata alle spalle l’esperienza statunitense, Larraín si cimenterà con un’opera musicale in cui sono le melodie a scandire il tempo dei sentimenti. Note che prenderanno il posto delle emozioni, per uno dei titoli più attesi della Mostra. Per una danza che si preannuncia piena del talento del suo autore.

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