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My Old Ass | Aubrey Plaza, Maisy Stella e i percorsi di amore e vita

E se potessimo incontrare la nostra versione adulta? Un film da recuperare in streaming

Una scena di My Old Ass di Megan Park: Disponibile su Prime Video
Una scena di My Old Ass di Megan Park: Disponibile su Prime Video

ROMA – Ad un certo punto della vita, è accaduto ad ognuno di noi – come ai protagonisti di My Old Ass – di riconoscere l’amore in questo o quel volto, piuttosto che in quello sguardo o quel sorriso. Inspiegabile nell’immediato, poiché apparentemente perfetto, irrefrenabile e sincero. Capace di crescere nel tempo, o altrimenti di arrestarsi, per questa o quell’altra ragione. Talvolta invece le ragioni non sono evidenti, ma lo è la vita, che irrompe e muta ogni logica, cambiando per sempre il destino delle persone. Generando così, conseguenze destinate a durare in eterno e ferite che solo il tempo può lenire. Le stesse ferite diverranno cicatrici, osservate e sfiorate da noi e da quei pochi sguardi, ai quali permetteremo di andare a fondo, scavando nei nostri dolori, che talvolta si accompagnano ai nostri amori.

Aubrey Plaza e Maisy Stella in un momento di My Old Ass
Aubrey Plaza e Maisy Stella in un momento di My Old Ass

Quelli tipicamente adolescenziali, dunque mai realmente vissuti, eppure fortemente desiderati. O altrimenti vissuti in eccesso e infine logorati. Quello tra Elliot (che brava Maisy Stella e che dolcezza nella sua interpretazione!) e Chad (Percy Hynes White, che ha un volto atipico e di rara intensità), si colloca esattamente nel mezzo e nel farlo, scava a fondo nella nostra memoria, scandagliando passato, presente e futuro. O almeno, quello che vorremmo fosse e che di fatto, difficilmente sarà. Questo è My Old Ass, ancor prima d’essere ogni altra cosa. A tre anni di distanza dal folgorante esordio alla regia, La vita dopo – The Fallout, feroce e sentita riflessione sulle conseguenze emotive delle stragi scolastiche negli Stati Uniti, l’autrice canadese Megan Park (che fin da ora definiamo, una delle grandi promesse del cinema americano), torna dietro la macchina da presa, firmando My Old Ass.

Maisy Stella e Percy Hynes White in un momento del film
Maisy Stella e Percy Hynes White in una scena del film

Anziché rilanciare e aspirare ad un cinema commerciale dai grandi budget e dal cast stellare, considerato il plauso unanime, tanto da parte della critica quanto del pubblico ricevuto dal precedente film, Megan Park dimostra ancora una volta di saper – e voler – appartenere fino in fondo al circuito indipendente. Quello più reale, sincero e puro in termini di immaginario ed esigenza narrativa. Lo stesso cui appartiene in tutto e per tutto My Old Ass, lo stesso cui da sempre è legata Park. Ancora una volta il tema del trauma, ancora una volta una causa di forza maggiore, la vita, che irrompe nella bellezza della favola, o almeno, così crediamo essere l’idillio d’amore, interrompendola una volta per tutte, senza proporre alcuna alternativa. Ciò che resta sono le parole, gli sguardi e tutti quei segni della memoria, precedentemente detti ferite, che nel tempo possiamo tentare di curare o altrimenti alleviare, così da poterne sorridere, dopo aver versato lacrime e ricordato il dolore.

Maddie Ziegler, Maisy Stella e Kerrice Brooks in una scena di My Old Ass
Maddie Ziegler, Maisy Stella e Kerrice Brooks in una scena di My Old Ass

Tutto nasce però dalla risata, quella stupefacente e caotica, in ogni senso. Elliot in compagnia delle amiche Ruthie (Maddie Ziegler) e Ro (Kerrice Brooks), a pochi giorni di distanza dall’addio alla famiglia e l’inizio della vita al college, vive una notte di campeggio e follia, destinata a cambiarla per sempre. Infatti, assumendo funghi allucinogeni in grande quantità, le ragazze si ritrovano a vivere tre differenti reazioni. C’è chi danza, incurante del buio e della fitta boscaglia, chi crolla in un sonno profondo e chi, come Elliot, ha la possibilità di incontrare e dialogare con una versione adulta di sé stessa, interpretata da Aubrey Plaza, che in My Old Ass offre la prova più dolorosa e convincente di carriera. Quale consiglio chiederesti ad una proiezione futura di te? Cosa vorresti sapere a proposito della vita, dell’amore, piuttosto che del lavoro, o addirittura della morte? Ti è concesso del tempo e non puoi sprecarlo.

My Old Ass di Megan Park: Disponibile su Prime Video
Un altro passaggio di My Old Ass di Megan Park, finito direttamente in streaming.

Un tempo che però può privare definitivamente della capacità di sorprenderti. Tanto rispetto al bello che la vita avrà da offrire, quanto al brutto. Talvolta necessario, talvolta inevitabile. Elliot dialoga con sé stessa, più e più volte. Sono gli stupefacenti a parlare o i fantasmi di un amore vissuto e di un dolore – e vuoto – incolmabile, che ancora fa male, tanto da impedire di vivere? La risposta non tarda ad arrivare e nonostante le moltissime distanze, rispetto a quanto raccontato e mostrato dalla Park in La vita dopo – The Fallout, la spinta emotiva e narrativa di My Old Ass è la medesima. Per quanto la vita colpisca duro, è sempre necessario guardare avanti, viverla appieno, senza mai tirarsi indietro, nonostante il dolore, nonostante le ferite. Il rimorso è senz’altro più spaventoso sembra suggerirci la Park, poiché a differenza del ricordo, che è malinconico eppure vitale, questo appare vuoto, eternamente silenzioso e incapace per sua stessa natura di raccontare qualcosa. Perché quel qualcosa, non è mai stato.

Maisy Stella in un momento del film
Maisy Stella in un momento del film

Non è mai accaduto. My Old Ass è un film dalle molte anime, che nasce nella commedia, sfruttandone appieno toni e stilistica, per poi affondare i denti (e così lo sguardo) sempre più ferocemente, nella materia che è propria del dramma, raccontando con sorprendente cura e sensibilità il desiderio giovanile d’amare, perfino quando complicato, perfino quando perseguitato da qualcosa di più grande e potenzialmente pericoloso. Ancora, la fame di crescita e la malinconia generata dall’abbandono del nido e la separazione dapprima parziale e poi sempre più netta, rispetto alla famiglia e a tutto ciò che questa rappresenta. Dunque gli affetti, che tendiamo a curare solo una volta lontani, o addirittura estranei. D’altronde si sa, raggiungiamo piena consapevolezza d’aver perduto qualcosa, quando non è più tra le nostre mani, seppur ancorata ai pensieri e al ricordo che non smettiamo di nutrire.

Aubrey Plaza e Maisy Stella in un momento del film
Aubrey Plaza e Maisy Stella in un momento del film

Un passaggio significativo in tal senso, ha a che fare con l’amore. Aubrey Plaza, versione adulta di Elliot e in via definitiva – o forse no? – rispetto all’elaborazione del dolore proprio del sentimento e della vita vissuta fino a lì, confessa alla propria memoria ed emotività giovanile: «Forse ora ti sembrerà eccessivamente romantico e sdolcinato. L’amore, quello vero, è quando libertà e sicurezza convivono senza annullarsi. Lo scoprirai. Adesso però vivi e accettalo così come viene, fino in fondo, senza mai limitarti, accetti il rischio, questa è la vita». Tornano le suggestioni di Falcon Lake, la memorabile e magnifica ghost story di Charlotte Le Bon, che tra laghi e ambienti rurali, osserva la crescita e la perdita dell’innocenza di due giovani individui, che forse si imbattono nell’amore, o forse no, sfiorando il sinistro e la morte, in un’estate che non dimenticheranno mai. Proprio come quella che si ritrovano a vivere i due splendidi protagonisti di questo film. Megan Park è un’autrice da tenere d’occhio.

Aubrey Plaza in una scena del film
Aubrey Plaza in una scena del film

Il suo secondo lungometraggio è molte cose, tra le quali, un’esilarante riflessione sull’identità di genere, una dolorosa e commovente riflessione sull’elaborazione del lutto, una meravigliosa osservazione dell’amore giovane, così come uno sguardo sentito e reale sul concetto di famiglia, in ogni sua declinazione. Dedicato ai nostri amori adolescenziali, quelli vissuti appieno e dichiarati, o altrimenti taciuti e mai consumati e forse per questa ragione ancor più veri. Ancora, alle parentesi estive e a tutti quei sorrisi e quelle mani sulle cosce, che oggi possiamo solo ricordare e di fronte alle quali per paura, o incapacità di agire o rischiare, abbiamo rinunciato, scegliendo la fuga. Certamente ingenui rispetto al dolore che di lì a qualche tempo sarebbe venuto, per ricordarci ancora una volta, che la vita va vissuta e che i consigli a volte, vanno trasgrediti. La pensa così anche Elliot, ed è un bene, anzi, è necessario. My Old Ass ha i tempi e il respiro dei grandi classici, tra Stand By Me di Rob Reiner e Il Grande Freddo di Lawrence Kasdan. Il tempo lo confermerà.

 

 

 

 

 

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