MILANO – Come filmare un’icona senza cadere nella retorica? Come rendere l’epica di un uomo che di fatto ha cambiato lo sport, dentro e fuori dal ring? E definire il mito senza finire nell’agiografia? Forse partendo non dalla presenza, ma proprio dalla sua assenza, da quello che non c’è (più), dal ricordo che sfuma nella leggenda. Impresa difficile, sicuramente, ma Clare Lewins – regista di molti documentari per la BBC e poi produttrice di un altro grande lavoro per la HBO come Kareem: Minority of One su Kareem Abdul-Jabbar – ci è riuscita con I Am Ali, il suo documentario del 2014 centrato sulla figura titanica di Cassius Marcellus Clay Jr. poi diventato Muhammad Ali, storia apparentemente semplice di un ragazzo del Kentucky che cambiò il mondo con e senza guantoni.

Perché dietro lo sport, finiti gli allenamenti, oltre il ring, in I Am Ali – che trovate in streaming su AppleTv+ e Prime Video a noleggio – c’è soprattutto l’uomo, raccontato attraverso un espediente: i nastri con le registrazioni che Muhammad Ali aveva inciso per i figli, per lasciare loro qualcosa, la voce, un eterno presente. E allora, oltre alla sua vita, ecco sfilare e passare lampi di Novecento, mezzo secolo di storia, dalle Olimpiadi di Roma al Vietnam, dalla sfida con Foreman al ritiro passando per la politica. Non solo, perché la Lewins non si limita a osservare, ma entra nell’argomento che tratta e suona a casa della famiglia Ali: ecco allora i figli Rahman, Marym e Hana (che nel 2019 ha scritto un bellissimo libro, At Home With Muhammad Ali), ma anche il manager Gene Kilroy, l’uomo che porto Ali a Kinshasa nel 1974 con Foreman.

Muhammad Ali sarebbe morto poi due anni dopo la realizzazione del documentario, nel giugno del 2016, e rivedere oggi il documentario aiuta davvero a capire chi fu, anche se risulta davvero difficile definirlo solo un documentario, perché, che siate o meno appassionati di sporto o pugilato, I Am Ali, diventa – minuto dopo minuto – anche una lezione di vita, la storia incredibile di un uomo che non credeva all’impossibile: «Impossibile è solo una parola pronunciata da piccoli uomini che trovano più facile vivere nel mondo che gli è stato dato, piuttosto che cercare di cambiarlo. Impossibile non è un dato di fatto, è un’opinione. Impossibile non è una regola, è una sfida».
SÌ, MA PERCHÉ VEDERLO? Perché è un viaggio dietro le quinte del mito, dentro e fuori dal ring, alla scoperta di un uomo che seppe ribellarsi anche quando era più semplice non farlo. Toccante e imperdibile, ma attenzione: I Am Ali non è solo per fan del pugilato o dello sport, ma per tutti.
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