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Manetti Bros.: «Noi, Ammore e malavita e la passione per il cinema italiano»

Il cinema, la TV, il futuro, il successo di Ammore e malavita: i Manetti Bros. e quel viaggio iniziato a Torino

ROMA – L’approccio artigianale, le idee che frullano in testa, il cinema come amore assoluto, tra citazioni e avanguardia. E ancora, i colori saturi, la musica, i generi che si influenzano, fin da quando, vent’anni fa, fecero la loro comparsa al Torino Film Festival, dimostrando una grande capacità visiva e narrativa con Torino Boys. Da allora, il sentiero di Antonio e Marco Manetti – per tutti i Manetti Bros. – non si è mai interrotto. Dopo il successo di Ammore e Malavita, i due fanno il punto della situazione con Hot Corn da Bologna, al lavoro sulla nuova stagione de L’ispettore Coliandro e in attesa di Diabolik:«Ma non facciamo tutto questo per le medaglie, siamo sempre noi. E il bello deve ancora arrivare…».

Antonio e Marco Manetti, fotografati a New York.

LA MOSTRA – «La partecipazione alla Mostra di Venezia? Sicuramente ha pesato, ma inizialmente non potevamo calcolarlo. Quando hanno preso Ammore e malavita alla Mostra eravamo felici ma anche un po’ spaventati: eravamo in concorso, non in qualche sezione parallela. Chiaramente poteva essere una cosa negativa, perché le dinamiche di una gara, con un film più leggero rispetto agli altri, poteva pesare. Questa cosa però, meno male, non è avvenuta, il film è piaciuto subito molto…».

I PREMI – «Siamo ancora eccitati dai premi vinti, è una felicità costante. Si festeggia spesso, poi incontrando persone diverse i complimenti si rinnovano e l’emozione persiste. Diciamo però che la vittoria ai David di Donatello non è un punto di arrivo: questo lavoro non lo facciamo per vincere un premio. Sicuramente quei premi a Ammore e malavita però sono una spinta in più, per continuare a migliorarsi. È un attestato di stima, fa piacere e fa pensare che la strada sia quella giusta. Continuando a fare cose sempre coerenti con il nostro stile».

Serena Rossi e Giampaolo Morelli, protagonisti di Ammore e Malavita

LA COMMEDIA – «Le commedie premiate sono rare, anche ai David di donatello. Questo non è un problema italiano, ma un dato di fatto della scena mondiale: se vediamo anche gli Oscar, i toni lievi vengono riconosciuti poco. Forse la serietà porta a pensare a qualcosa di più alto. Pensiamo a Boccaccio, poeta enorme, però mai valutato come gli altri».

ITALIAN MOVIES – «No, non siamo degli ultrà del cinema italiano, da spettatori la cosa importante è solo una: il buon cinema. Italiano, turco, americano, interessa poco. Ogni anno escono dei bei titoli italiani, ma manca un’industria fiorente. Ultimamente le cose stanno cambiando, c’è una varietà di stili e generi maggiore. Ammore e Malavita è un esempio, ma anche il cinema indipendente come Nico, 1988 e A Ciambra. Ora c’è diversificazione e fa piacere».

Giacca di pelle e Ray-Ban: Giampaolo Morelli è Coliandro

LE SERIE – «Non c’è confronto o rivalità tra cinema e serie: da fruitori onestamente a noi fa piacere tanto una bella serie su Netflix quanto un film al cinema. Da addetti ai lavori sappiamo invece che avremo modo di lavorare grazie a questi nuovi media. Poi sono internazionali, esportano e producono opere locali. Certo, la sala è un momento sociale, come andare a mangiare fuori. Esiste la cucina di casa, ma esistono e continueranno ad esistere le pizzerie. È semplicemente un’esperienza diversa, ma non c’è confronto…».

  • IL FILM | Potete rivedere Ammore e malavita su CHILI qui

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