ROMA – “Andare via lontano, a cercare un altro mondo, dire addio al cortile, andarsene sognando”, cantava Luigi Tenco nel 1967, in quel meraviglioso brano che parlava di nuove opportunità, lì ad aspettarci alla fine di una strada polverosa, spalancata su una terra promessa fin troppo rimandata per paura e per pigrizia. Però, poi, arriva un momento in cui “il campo d’arare” non basta più. E allora bisogna partire, chissà per dove, chissà con chi. Ed è incredibile quanto Lontano Lontano, il bel film di Gianni Di Gregorio (lo trovate sia in sala che su RaiPlay) sia vicino alla canzone di Tenco: tre uomini e un cane, piuttosto avanti con l’età, stufi della routine del tirare avanti, mettono in piedi un bislacco piano per scappare da Roma (anzi, da Trastevere), inseguendo l’utopia di una seconda possibilità.

Ma, come tutte le utopie più belle e frizzanti, i tre (interpretati da Giorgio Colangeli, Gianni Di Gregorio e, magistralmente, da Ennio Fantastichini nel suo ultimo, perfetto ruolo) se la dovranno vedere con la spietata realtà: le leggendarie Azzorre sono distanti e i soldi mancano. Magari è meglio stabilire un fondo comune, organizzarsi con i risparmi, salutare gli affetti, risolvere gli ultimi problemi e affrontare una volta per tutte quei rimorsi sopiti da una personalità lieve e bonaria che li fa vivere alla giornata. Che tanto i problemi, vada come vada, finiscono (quasi) sempre per risolversi.

Così, Di Gregorio in Lontano Lontano – tratto dal racconto del regista Poracciamente vivere pubblicato nell’antologia Storie dalla città eterna – senza ridondanza ma con brillante semplicità, rivede il mito del mollare tutto, facendo sì che i protagonisti riscoprano la bellezza dell’attimo in una dolce poetica che scavalca la finzione cinematografica. Infatti, il cinema di Gianni Di Gregorio, fin da Pranzo di Ferragosto, è pura narrativa popolare: il quartiere, la romanità, il caffè ai tavoli del bar (e qui c’è il mitico San Callisto, emblema romantico della filosofia trasteverina) e i personaggi semplici e malinconici, ma pieni di un orgoglio indistruttibile, che suscitano nello spettatore un senso di indotta e strana tranquillità.

E anche in Lontano Lontano, l’effetto è lo stesso: il terzetto degli irresistibili pensionati alle prese con il senso della vita sono, a modo loro, degli inconsapevoli cantastorie di borgata, tra chiacchiere disinteressate e spassionata indolenza. E la bellezza di Lontano Lontano sta proprio nel non avere niente di pretenzioso, pur rimarcando la bellezza di un’essenzialità spesso dimenticata, che fa delle cose semplici la via di fuga perfetta da una dimensione che, forse, non è poi così stretta. Perché in fondo, le Azzorre, altro non sono che uno stato mentale. Un po’ come la felicità, che esiste solo se ce la creiamo noi. Ecco, basterebbe davvero poco per avere, finalmente, tanto. Lontano Lontano è un film che fa bene al cuore.
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Qui potete vedere il trailer di Lontano Lontano:
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