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L’Arpa Birmana | Kon Ichikawa, l’orrore della guerra e la ricerca della bellezza

Un soldato semplice, l’illuminazione spirituale, un classico senza tempo. Al cinema dal 2 aprile

Shôji Yasui in una scena de L'arpa birmana, un film di Kon Ichikawa, di nuovo al cinema con Il Cinema Ritrovato al cinema a partire dal 2 aprile
Shôji Yasui in una scena de L'arpa birmana, un film di Kon Ichikawa, di nuovo al cinema con Il Cinema Ritrovato al cinema a partire dal 2 aprile

ROMA – Un reggimento dell’esercito imperiale giapponese guidato dal capitano Inouye (Rentarō Mikuni) s’arrende alle forze britanniche in Birmania alla fine della Seconda guerra mondiale e trova armonia attraverso il canto. Un soldato semplice, Mizushima (Shôji Yasui) creduto morto, diventa monaco buddista e scopre l’illuminazione spirituale nel viaggio verso il campo di Mudon, dove sono stati assegnati i suoi compagni d’armi. Quando Inouye e i suoi uomini incrociano, per caso, il nuovo e illuminato Mizushima, faranno di tutto per riportarlo a casa. Parte da qui L’arpa birmana, un film di Kon Ichikawa del 1956, di nuovo al cinema grazie a Il Cinema Ritrovato al cinema a partire dal 2 aprile in un nuovo preziosissimo restauro in 4K compiuto nel 2022 dalla Nikkatsu Corporation e The Japan Foundation che ne ha saputo restituire la bellezza primaria.

Rentarō Mikuni in una scena del film
Rentarō Mikuni in una scena del film

Un classico del cinema nipponico, L’arpa birmana, tratto dall’omonimo romanzo di Michio Takeyama del 1946 per cui Ichikawa scelse di operare un decisivo cambio di registro. L’opera originaria, infatti, è una fiaba per bambini. Narrativa didattica che nacque con l’obiettivo di ispirare i giovani con la speranza per il futuro di una nazione che lotta per sopravvivere alla sconfitta in guerra. Takeyama cercò di farlo enfatizzando il tradizionale sistema di valori con l’ideale buddista dell’altruismo, incarnato nel suo eroe soldato, Mizushima. Ichikawa scelse di incanalare il racconto nei binari del fervido realismo. Non prima di aver chiesto il permesso a Takeyama che volle incontrare per discuterne. Rimase sorpreso quando scoprì che Takeyama non era mai andato in Birmania. Combatté in Cina lui, ma la musica a cui faceva riferimento non si sentiva comunemente lì.

L'arpa birmana di Kon Ichikawa fu distribuito nei cinema italiani il 23 febbraio 1958
L’arpa birmana di Kon Ichikawa fu distribuito nei cinema italiani il 23 febbraio 1958

Ichikawa gli raccontò del progetto, del nuovo taglio narrativo, ma soprattutto del desiderio di realizzare un adattamento cinematografico de L’arpa birmana, che non esitò a definire: «Una chiamata dal cielo». La sceneggiatrice Natto Wada fece il resto, adattando lo script individualmente e a ritmo veloce. Su di esso Ichikawa disegna una condanna brutale dell’ideologia militarista resa nelle corde di una meditazione lirica ed eloquente sulla bellezza che convive con la morte e la ricerca della stessa in un angolo buio d’orrore. E quindi l’arpa, la musica come linguaggio, la melodia come riconoscimento, l’arte come purificazione, e compassione, dolore, unità, rinascita e vita. Un’opera travolgente, bellissima, incisa di un bianco e nero denso e pastoso, che non lascia spazio a spiragli di luce e speranza e da cui Ichikawa fa emergere i volti scavati e stanchi dei reduci.

Shôji Yasui in un momento de L'arpa birmana
Shôji Yasui in un momento del film

In Giappone, L’arpa birmana fu distribuito da Nikkatsu in una versione estesa da 143 minuti divisa in due parti a due settimane di distanza l’un dall’altra all’inizio dell’anno 1956 (Parte I da 63 minuti il 21 gennaio; Parte II da 80 minuti il 12 febbraio), poi sforbiciato a 116 per la versione internazionale. In questa edizione, L’arpa birmana fu presentato in concorso a Venezia 17 dove fu accolto da una standing ovation, e perfino agli Oscar 1956 dove il film fu candidato nella categoria Miglior film internazionale, vinto poi da La Strada di Federico Fellini, ma quella è tutta un’altra storia…

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