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HOT CORN PICKS | Rainer Werner Fassbinder e gli incubi de Il mondo sul filo

Attuale e modernissimo? Sì. Ecco un film per la televisione da recuperare in streaming

Una scena de Il Mondo Sul Filo. Andò in TV in Italia nel 1979.

ROMA – Rainer Werner Fassbinder, regista tedesco dall’estro bulimico e tormentato, con la sua arte sfacciata e senza compromessi ha creato un nuovo modello di autore totale nel cinema europeo negli anni ’70 e ’80. Oltre ai progetti cinematografici e teatrali, si è dedicato anche all’esplorazione del mezzo televisivo, portandolo a punte di estrema modernità stilistica e linguistica e lavorando, su questo fronte, in netto anticipo sui tempi. Nel 1973, con alle spalle già una decina di opere in filmografia, realizzò per la tv tedesca WDR un lungometraggio di oltre tre ore, Il mondo sul filo, andato in onda in due parti in Germania e trasmesso in Italia solo sei anni dopo, nel settembre del 1979, e ora finalmente disponibile in streaming su CHILI. Ma cos’è esattamente? Un’operazione radicale, tutta girata in 16mm, e basata sul romanzo Simulacron 3 di Daniel F. Galouye del 1964.

Il mondo sul filo
Fassbinder e il suo mondo sul filo

Fassibinder si cimenta con gli approdi più controversi e scivolosi del mondo digitale, dimostrando una certa dose di sensibilità e preveggenza: il risultato è il suo lavoro forse in assoluto più strano e curioso, poco noto in Italia e decisamente da riscoprire.Dallo stesso testo, nel 1999 (l’anno di eXistenZ e del primo Matrix, forse non a caso), verrà tratto anche un altro film ben più dimenticabile, Il tredicesimo piano di Josef Rusnak. Il Simulacro del titolo del libro è un programma di realtà virtuale creato dall’équipe di Henri Vollmer (interpretato nel film dall’attore Adrian Hover). Ancora da perfezionare, si tratta di un raddoppiamento del reale potenzialmente in grado di alterare la nozione tradizionale di spazio, tempo e identità fisica.

Il mondo sul filo
Una scena del film.

Quando il direttore e un suo collaboratore scompaiono in circostanze non meglio chiarite, la palla passa a Fred Stiller (Klaus Löwitsch), suo vice, chiamato a sbrogliare una serie di situazioni tutt’altro che limpide. In quegli anni eravamo ancora ben lontani dalla diffusione del digitale come l’avremmo conosciuto in seguito, da un’idea di informazione “compressa” nella quale gli individui del mondo globalizzato sono schiacciati da flussi di dati cibernetici che affollano la quotidianità in un andirivieni tanto martellante quanto disorganico. Un rullo compressore di grande istantaneità e velocità, ma privo di gerarchie ordinate e sistematiche e di una netta divisione tra i vari campi: un caos, a noi molto familiare, in cui l’empatia e il dato concreto si confondono, le notizie di rilevanza più ampia hanno la stessa autonomia dei flussi di pensiero individuali, pubblico e privato, in definitiva, si alterano senza soluzione di continuità e il concetto sempre più sfumato di privacy viene rinegoziato.

Lo sguardo di Fassbinder
Lo sguardo di Fassbinder

La società dei big data era insomma ben lontana, eppure ne Il mondo sul filo lo sguardo di Fassbinder, che riusciva a essere carnale ed erotico anche quando raccontava pulsioni, ancestrali ma umanissime, di raggelante ferocia e disperazione, riesce a restituirci in chiave pessimistica e distorta l’allegoria di un macro-universo segnato dalla relatività di Einstein, dove il mondo reale in cui crediamo di abitare non è l’unico esistente, e le simulazioni, con la loro realtà aumentata, rischiano di essere paradossalmente più vere del vero. Tra ciò che è reale e ciò che sulla carta non lo è nel racconto avviene comunque una comunicazione, grazie ad apposite “persone di contatto”, ma ciò che conta è la messa in crisi della credenza dogmatica di essere soli, unici, autentici, perfino speciali.

Fassbinder
In tv…

L’idea che le copie possano essere migliori e più performanti degli originali è qualcosa su cui la letteratura e il cinema di fantascienza, soprattutto quando interessati a parlare di androidi meccanici, si sono interrogati spesso e a più livelli. Più difficile, però, è trovare qualcuno in grado di farlo con lo stile al contempo mortuario, asettico e seducente di Fassbinder, che ne Il mondo sul filo s’ispira forse al precedente Agente Lemmy Caution, missione Alphaville di Jean-Luc Godard, leggendario film del regista francese, che ha suggestionato intere generazioni di cinefili vecchia scuola, dove c’è un computer che limita creatività, impeto, desiderio degli abitanti di Alpha 60, città di un’altra galassia, impedendolo loro di uscire da qualsiasi bordo e andare sopra le righe. Fassbinder ne Il mondo sul filo ne fa praticamente la propria personale versione, adattando il testo alla sua poetica segnata da quel tipo di amore che è sempre più freddo della morte. Il suo occhio tagliente e impietoso non rinuncia alla fatalità straziante del conflitto di classe, la sola mannaia di ogni romanticismo vero o presunto.

Un altro momento de Il Mondo Sul Filo.

E la macchina da presa, come recita uno dei suoi titoli più emblematici (Attenzione alla puttana santa), rivaleggia col creatore – che sia Dio o un programma “computerizzato” – portandosi alle soglie del divino, trasformando i suoi attori/personaggi in merce sottoposta all’alienazione del XX Secolo e oggi mutata di forma. Il cinema, dal canto suo, invera puntualmente delle presenze ma si fa sempre, al contempo, segno di un’assenza, di una condanna, di una violenza fatalmente ancorata alla manipolazione e all’ambiguità di un mondo sul filo di troppi rasoi (al dispetto di un finale comunque meno pessimista del previsto). Una sentenza di morte ben visibile negli occhi vitrei di figure che, come spesso accade nel cinema di Fassbinder, hanno la statura tragica di marionette ormai inermi: slegate, loro sì, da tutti i fili e dai relativi cappi che le legavano a doppia mandata all’immaginazione di chi li ha concepiti.

  • Volete (ri)vedere Il Mondo sul Filo? Lo trovate in streaming su CHILI

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