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Addio Burt Reynolds, icona di un cinema che non esiste più

Si è spento a ottantadue anni l’attore di Boogie Nights e Un Tranquillo Weekend di Paura

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Icona dura e pura di un cinema che non c’è più. Con quella faccia accigliata, da tosto ma dal cuore d’oro, si è spento, a ottantadue anni, una delle colonne del cinema hollywoodiano per almeno tre decenni. Burt Reynolds – all’anagrafe Burton Leon Reynolds Jr. – se n’è andato così, nella sua residenza di Jupiter, Florida, stroncato da un infarto. E che storia, la sua. Con il sangue un po’ irlandese un po’ cherokee, divenuto popolare proprio con la serie crime Hawk L’Indiano, ambientata in una torbida New York City. Burt, che doveva fare il giocatore di football, con quel fisico piazzato, durante gli anni di studi alla Florida State University, prima che un infortunio gli cambiasse di netto la strada da percorrere.

burt reynolds
Una scena di Un Tranquillo Weekend di Paura.

Così, con quelle scelte di vita che non sai di dover prendere, Reynolds divenne a tutti gli effetti uno dei volti chiave della New Hollywood, debuttando come protagonista in Navajo Joe di Sergio Corbucci e, con il suo fare schietto e sincero, definito da lui “il film più brutto in cui ho recitato”. Del resto, era uno che non le mandava di certo a dire. Il successo, poi, arriva forte e dirompente, due titoli su tutti: Un Tranquillo Weekend di Paura al fianco di Jon Voight, dove Reynolds ancora non sfoggiava quei baffi neri simbolo di una vita intera. Infatti, avremmo dovuto aspettare il 1975, nella deliziosa commedia Finalmente Arrivò l’Amore, di Peter Bogdanovich, per vederlo con i mitici moustache. In mezzo, una pellicola cult, simbolo del cinema sportivo a Stelle e Strisce: Quella Sporca Ultima Meta diretto da Robert Aldrich, arrivata dopo la parte del ”centralino” in Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso diretto da Woody Allen.

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Quella Sporca Ultima Meta.

Manifesto di una mascolinità genuina, al servizio di pellicole dai generi più disparati, arrivano gli Anni Ottanta. E Burt c’è, ancora, prima con La Corsa più Pazza d’America, poi con I Miei Problemi con Le Donne, di Blake Edwards. Reynolds pare non invecchiare di un secondo, prestando addirittura la voce al pastore tedesco Charlie dello straziante film d’animazione Charlie – Anche i Cani Vanno in Paradiso. Pensare che la produzione, per quel film, studiò la fisionomia del cane, le movenze, proprio in virtù di Reynolds. Quanti anni sono passati e quanti anni passeranno ancora, portando Burt in quel capolavoro firmato da Paul Thomas Anderson e intitolato Boogie Nights. Che altalena la carriera di Reynolds, quante storie da raccontare, quanti treni persi, anche. Come quando accantonò l’idea di provare ad essere James Bond (!), oppure Han Solo o, addirittura, il Richard Gere di Pretty Woman.

Reynolds e Mark Wahlberg in Boogie Nights.

Sbagli, scelte, rimpianti. Chiamateli come volete, eppure Burt Reynolds è sempre stato sincero con se stesso, ammettendo i suoi sbagli come un uomo d’altri tempi, che non ha paura di tirar cazzotti o versare lacrime. Mancherà il suo stile, il suo essere macho sincero, nonostante un’ereditò di oltre settanta film. Settanta film che potevano essere settantuno, perché Reynolds, sarebbe dovuto essere protagonista nel cast-all star ideato da Quentin Tarantino per Once Upon a Time in Hollywood. Non ce l’ha fatta, a un mese dall’inizio riprese della sua parte. Come chi arriva tardi ad un appuntamento, non trova nessuno, alza le spalle e se ne va. Uomo, attore, sguardo unico. Di quelli che non ne fanno più.

E se volete rivedere i film di Burt Reynolds, li trovate su CHILI: Quella Sporca Ultima Meta, Un Tranquillo Weekend di Paura, Cambio Marito, Un Piedipiatti e Mezzo, E Tutto in Biglietti di Piccolo Taglio.

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