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I tre moschettieri: D’Artagnan | Le pagine di Alexandre Dumas stile Pirati dei Caraibi? Sì

Azione, ritmo, un grande cast e puro divertimento: il blockbuster di Martin Bourboulon? Una sorpresa

I tre moschettieri
Alexandre Dumas e i Pirati dei Caraibi? Più o meno.

MILANO – Una sfida, sicuramente, ma questa volta ritornano al cinema in un’ennesima versione che però mai era stata così fedele al romanzo di Alexandre Dumas. I tre moschettieri: D’Artagnan – primo capitolo di una duologia che si concluderà a dicembre con la seconda parte, I tre moschettieri: Milady – reinterpreta la classicità cercando la modernità dei blockbuster hollywoodiana facendo evidentemente anche il verso al franchise dei Pirati dei Caraibi. Lo fa con una sceneggiatura a sei mani (Martin Bourboulon, Matthieu Delaporte e Alexandre de la Patelliére) e una regia (di nuovo Martin Bourboulon) che viene dalla commedia, pur non allontanandosi dall’azione e dal dramma che rendono epiche queste saghe.

Vincent Cassel, un Athos praticamente perfetto.

Studiata in questo modo (e con un budget tale da poterla costruire), la reinterpretazione di Bourboulon è impreziosita da un cast di grandi nomi che conta François Civil (D’Artagnan), Vincent Cassel (Athos), Pio Marmai (Portos), il sempre perfetto Romain Duris (Aramis), Eva Green (Milady), Louis Garrel (Luigi XIII) e – non ultima – un’attrice come Vicky Krieps (Anna d’Austria). Il carisma di questo ensemble è aiutato da una sceneggiatura in cui l’intrattenimento è il punto forte e tiene in piedi una storia vecchia, forse, ma stavolta fatta di sequenze d’azione e combattimenti ben coreografati, mentre una sottotrama thriller che fa da filo conduttore, vede protagoniste Eva Green e Vicky Krieps sempre più a loro agio rispettivamente nei ruoli di fredda calcolatrice e regale malinconica. 

Louis Garrel e il suo Luigi XIII in un momento de I tre moschettieri: D’Artagnan.

Grande spazio viene dato anche al D’Artagnan di François Civil, protagonista assoluto di questa prima parte: meno ingenuo di un Jack Sparrow, ma con lo stesso acume del pirata, simbolo dell’equilibrio tra serio e faceto sul quale si regge l’intera pellicola. Seguono a ruota l’Aramis di Romain Duris, il Portos di Pio Marmai e l’Athos di Vincent Cassel, forse dei tre quello a più agio e divertito. E quindi? Vale o non vale la visione? Sì, perché I tre moschettieri: D’Artagnan intraprende la strada dell’ironia adattandola ad una storia immortale, non storpiandola ma anzi, regalandoci una nuova versione di una storia che ha ancora senso essere raccontata, soprattutto se in questa maniera…

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  • VIDEO | Il trailer de I tre moschettieri: D’Artagnan 

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