ROMA – Chi è Holly (Cathalina Geeraerts)? Una ragazza di 15 anni che chiama a scuola per dire che starà a casa per la giornata. Poco dopo, scoppia un incendio nell’edificio, uccidendo diversi studenti. Mentre tutti sono scioccati dalla tragedia, la comunità si riunisce cercando di guarire. Anna (Greet Verstraete), un’insegnante, incuriosita da Holly e dalla sua strana premonizione, la invita a unirsi al gruppo di volontariato che gestisce. La presenza della ragazza sembra portare tranquillità e speranza a coloro che incontra, ma presto le persone iniziano a cercare Holly e la sua energia, chiedendo sempre di più alla ragazza. Parte da qui Holly di Fien Troch, regista belga già vincitrice del premio alla miglior regia ad Orizzonti con Home, passata per la prima volta in concorso alla Mostra di Venezia l’anno scorso e al cinema dal 22 maggio con FilmClub Distribuzione.

Ma cos’è Holly? Un dramma psicologico vestito da fiaba per adulti tra il tenero e il cupo,U un’esplorazione della fede, dei legami umani, del destino e delle complessità della vita, ma soprattutto dell’elaborazione del lutto, affrontati dalla Troch con piglio analitico e antropologico. Quello compiuto da Holly infatti è uno scendere in profondità nelle viscere, nelle ragioni e nelle dolorose conseguenze dei traumi, qui sezionati dalla regia intima ed elegante della Troch fatta di manovre avvolgenti, luce naturale, soluzioni virtuose (c’è una tripla dissolvenza incrociata in pieno secondo atto da togliere il fiato) e primi e primissimi piani stringenti su cui campeggia il volto caratteristico di una brava e intensa Geeraerts all’esordio assoluto. A lei la Troch affida le chiavi del racconto e con essa l’evoluzione del suo sottotesto.

Dalla sua la narrazione di Holly parte da una premessa ambiziosa, stando alle parole della Troch: «Sono molto interessata alla parola innocenza e a cosa potrebbe significare per bambini e adolescenti. L’innocenza è collegata in Holly a ciò che significa fare il bene, essere buono, perché vuoi essere buono?». Cosa succede però se la bontà cova in sé gemme devianti? Una scarto cognitivo che immaginiamo sia la ragione per cui alla realizzazione finanziaria e artistica di Holly si sia interessata nientemeno che la Les Films du Fleuve dei fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne. L’intera narrazione gioca infatti sul contrasto tra le azioni solidali di Holly e Anna e come queste vengono recepite dal contesto scenico di riferimento. Una celebrata come un angelo, una profeta tra i viventi, l’altra sullo sfondo, data per scontata.

In quella forbice c’è il cuore pulsante del racconto. Non privo di un certo retrogusto ironico (il dissacrante contrappasso offerto nel climax finisce dritto negli annali del grande cinema), la Troch compie con Holly e la sua narrazione un attacco totale nei confronti dei predicatori e dei falsi profeti che è calcolata costruzione e progressiva destrutturazione dell’idolo-Holly legata a doppio filo al risveglio di coscienza della sua protagonista. Un piccolo grande film, intelligente, ironico, tanto brutale negli intenti quanto delicato nella resa per una giovane e interessante regista da tenere sott’occhio…
Lascia un Commento