ROMA – 1984: C’è una discarica nel nostro salotto. Il mondo di Cynthia e di Maria è una costante sensazione di brividi che corrono lungo la schiena, ogni giorno è Natale nel loro piccolo nidus d’amore. 1994: Lui me la riconsegnò, l’importanza mi colpì in ondate di sensazioni. È l’ultimo giorno di scuola di Maria. Al suo rientro a casa, in cima alle scale, due piedi scalzi ad attenderla. Un uomo alto, dall’aspetto insolito, uno sconosciuto che ha l’odore familiare di un trauma, un dolore d’infanzia, una duplicità di deliberate provocazioni. Michael. Parte da qui Hoard, promettente esordio di Luna Carmoon con protagonisti Saura Lightfoot Leon, Joseph Quinn e Hayley Squires, in concorso alla SIC – Settimana Internazionale della Critica 38.
Un’opera prima in due parti nata dall’esigenza della Carmoon di scavare nella memoria: «La memoria è la madre di tutte le muse. Sono stata accolta di nuovo nella stanza personale del mio cervello, non stavamo tutti sfogliando gli schedari dei ricordi. Quando il mio odore è scomparso quasi per sempre, ho assaporato i nodi di questi passatempi. Sto inseguendo un sacco di balene bianche. Forse Hoard è la mia balena bianca». Il trauma come rifugio, l’accumulo come estremo atto d’amore. Un vortice di tenerezza e disgusto su note di realismo magico che nel raccontare di Maria e del suo scoprire il mondo in un coming-of-age intriso di poesia e dolore, vede la Carmoon schivare le sirene del cinema sociale britannico per tuffarsi a capofitto nel visionario.
A partire dalla sequenza d’apertura con un carrello della spesa usato per creare vortici di luce nell’oscurità. La giovane ma già matura Carmoon costruisce nella prima parte di Hoard il problematico quadro familiare di Cynthia e Maria attraverso tasselli di disturbi mentali, abusi psicologici e disagio claustrofobico resi nelle forme di una fiaba urbana di sopravvivenza, amore ed emancipazione fatta di luci, colori e perfino di una donnola che suona il pianoforte. Poi il crescere, i servizi sociali e la casa famiglia. Dieci anni dopo il passato ritorna e con esso l’odore del trauma. È nella seconda parte che Hoard rievoca il dolore del lutto calibrandolo in funzione di Maria e Michael e del loro rapporto problematico, caotico, fatto di complicità, sentimenti forti e provocazioni.
Un esordio come se ne vedono pochi quello della Carmoon con Hoard. Un’opera diretta con la personalità di una veterana, ricca di soluzioni registiche fantasiose, narrativamente complessa e resa infine leggendaria da due interpretazioni allo stato dell’arte. Perché se è vero che Quinn ha già spiccato il volo con l’ultima stagione di Stranger Things e quell’Eddie Munson entrato nel cuore degli appassionati della serie Netflix – mostrandosi in Hoard come la punta di diamante che arricchisce il cast e dà valore all’intera narrazione nei panni di Michael – la vera sorpresa della pellicola è la giovane Leon. L’interprete della quasi adulta Maria si svela al mondo in tutto il suo talento istrionico. È il suo turning point Hoard, sentiremo ancora a lungo parlare di lei…
- FRESHLY POPPED | Il programma della SIC 38
Qui sotto potete vedere il trailer del film:
Lascia un Commento