VENEZIA – “L’unico modo per ucciderlo è morire insieme a lui”, dice Laura Strode – o Jamie Lee Curtis, se volete – rintanata in una camera d’ospedale, mentre fuori è letteralmente scoppiata l’intera Haddonfield, in prede alla rabbia e al caos perché, a detta del popolo, “Con Micheal Myers le autorità hanno fallito, e ora ci pensiamo noi a farlo fuori…”. Sostanzialmente, Halloween Kills di David Gordon Green (presentato a Venezia 78, e al cinema dal 21 ottobre), più che di Myers, racconta di come la piccola città (immaginaria) dell’Illinois negli anni abbia continuato a ricaricare (in)direttamente la paura di cui si nutre l’uomo nero più famoso del cinema. A differenza della pellicola del 2018, che ricordiamo è il sequel diretto del capolavoro di John Carpenter datato ’78, in Halloween Kills non c’è mai tregua. Non ci sono riflessioni, ed è totalmente svuotato da ogni barlume di speranza. Dall’inizio, che ci mostra anche un interessante flashback della prima Notte delle Streghe, e fino all’emblematico e sconvolgente finale.
La storia, appunto, riprende immediatamente dove era rimasto il precedente film: Laurie, sua figlia Karen (Judy Greer) e la nipote Allyson (Andi Matichak) avevano lasciato Myers imprigionato tra le fiamme. Nonostante il fuoco, Michael è più vivo che mai (c’erano dubbi?) e inizia una vera e propria mattanza, con l’obbiettivo di tornare – idealmente – dove tutto è iniziato: la sua casa d’infanzia al 45 di Lampkin Lane. Sì, avete capito bene: un’assurda e inarrestabile mattanza, condensata in una spaventosa scia di sangue che rende il film, fin ora, quello più nero, inquietante e violento della saga. Myers è ancora più grosso, è ancora più cattivo e, soprattutto, è ancora saldamente legato alle metafore reali e contemporanee, dato che la sceneggiatura (scritta da Gordon Green, Danny McBride, Scott Teems) questa volta enfatizza la babele generata da una costante paura, talmente potente da offuscare la ragione e l’empatia.
Di più, talmente potente da plasmare un disordine in cui la figura archetipa di Myers viene messa sul nostro stesso piano. Ogni gesto violento genera violenza, ogni tentativo di catturarlo rafforza l’aurea malefica dell’inquietante Michael, costantemente accompagnato dalla sincopata colonna sonora firmata da John Carpenter, Cody Carpenter e da Daniele Davies. Nettamente diverso per messa in scena, poetica e intenzioni, Halloween Kills fa da ponte all’ultimo atto, mischiando i buoni ai cattivi, incrociando il passato e il presente, per una resa dei conti che non risparmierà niente e nessuno. Micheal Myers da una parte, Laura Strode dall’altra: in mezzo il terrore che corre veloce ad alimentare il buco nero in cui lo spettatore è sprofondato, inquieto e turbato nel fissare un uomo senza volto, salito in terra dall’inferno per trangugiare famelicamente la luce.
E allora, seguendo le orme di Carpenter con l’intenzione di chiudere il cerchio, David Gordon Green cambia ancora una volta rotta, costruendo un horror in cui nessuno è veramente al sicuro. Le regole sono cambiate e, con loro, i punti di riferimento: la leggenda di Jamie Lee Curtis si prende una pausa dall’azione, e al posto suo Judy Greer (la vera protagonista del film) si arma di rabbia e coraggio per tentare di fare l’unica cosa possibile: smascherare Myers e catturarlo, una volta per tutte. “Il male muore sta notte”, urla disperata e inferocita Haddonfield che, come fossimo nel Medioevo, scende in strada impugnando coltelli e forconi per andare a caccia delle streghe. Così, in Halloween Kills, i mostri che il regista mette in scena sono due: c’è la maschera spaventosa del male assoluto, e ci siamo noi, sia vittime che carnefici di un caos incontrollabile.
- David Gordon Green, la nostra intervista
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