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Giulia | La favola di Ciro De Caro che insegna ad essere (davvero) liberi

Protagonista del film una bravissima Rosa Palasciano, che firma anche la sceneggiatura

Giulia
Giulia

VENEZIA – Com’è che cantavano Carl Brave e Franco 126 in Solo Guai? Ah già, “Roma d’estate è sola, io col cuore in gola…”. Ecco, Giulia di Ciro De Caro (al terzo film, dopo Spaghetti Story e Acqua di Marzo) in due ore scarse ci porta in una Capitale sbiadita dal sole d’agosto, quando in giro ci sono solo i gabbiani, per mangiare ti deve bastare un kebab e le poche macchine che girano puntano tutte dritte il litorale. Chi resta, spesso, è avvinghiato ad una malinconia che non si stacca, mischiata alle difficoltà acutizzate da una solitudine che rende insopportabili i pensieri. Così, in bilico tra libertà e sicurezza, tra capriccio, instabilità e purezza, c’è la Giulia che da il titolo al film (interpretata dalla rivelazione Rosa Palasciano, anche sceneggiatrice insieme a De Caro) anima fragile che non sa bene cosa vorrebbe da grande: forse essere mamma, forse essere amata, forse non essere niente ed essere tutto.

Giulia, interpretata da Rosa Palasciano
Giulia, interpretata da Rosa Palasciano

Non sappiamo da dove viene né dove vorrebbe andare; non ha un soldo in tasca e, da quando il ragazzo l’ha lasciata, non ha nemmeno una casa dove dormire. Almeno fin quando incrocia la strada di Sergio (Valerio Di Benedetto), che un po’ per cortesia e un po’ perché attratto, prova ad ospitarla (e quindi ad addomesticarla) nell’appartamento condiviso con il suo amico Ciavoni (Fabrizio Ciavoni, all’esordio, che bravo!). Ma, l’avrete capito, Giulia non è una ragazza come le altre, suscitando in loro (e in noi) una quantità incredibile di emozioni diverse e, alcune vote, addirittura contrastanti. Ciro De Caro e Rosa Palasciano, rispettivamente, danno a Giulia una doppia lettura – e non era facile – c’è la superficialità e la profondità, c’è la sospensione e l’irrazionale, mentre sotto scorre la sua voglia (e anche quella degli altri personaggi) di trovare un posto nel mondo.

Giulia
Valerio Di Benedetto e Rosa Palasciano

Con le sue pause e le sue digressioni, dall’estetica e dalla tecnica impeccabile (macchina a mano, una fotografia che riproduce perfettamente i colori dell’estate romana), il film nella sua semplicità è un racconto in cui il tema dell’incomunicabilità si infrange contro le aspettative sovraccariche che il mondo (fuori) impone senza scrupoli e che, giorno dopo giorno, prova a piegarci. Ecco, Giulia, dagli occhi grandi e dai capelli arruffati, in preda a mille tic e mille incertezze, è l’inafferrabile metafora di una generazione schiacciata, decostruita e colpevolizzata. Giulia, così come le altre anime del film, è inafferrabile e impalpabile ma, continuando sui contrapposti, anche estremamente dolce nella sua totale inconsapevolezza di cosa significhi essere libera.

Giulia
Una scena del film

Perché poi le letture che si possono dare al film di De Caro sono tante (ed è il bello del cinema), a cominciare da cosa significa oggi ritrovare sé stessi, scendere a patti con i legami emotivi, essere finalmente indipendenti, forse addirittura selvaggi. Giulia è questo, e la sua personalissima visione della vita si può comprendere solo se si scaricano gli ingombranti preconcetti, cosa che gli autori si guardano bene dal fare: non c’è mai il dito puntato verso la protagonista, non c’è mai un giudizio da parte loro. In fondo, la Giulia di Rosa Palasciano è così, prendere o lasciare. Per questo e per altri mille motivi, il film di Ciro De Caro è estremamente vicino alla realtà, parlando chiaro a chi affronta il presente attimo per attimo, capace ancora di soffermarsi sui dettagli, abbagliato dalla bellezza straziante di un giocattolo abbandonato che, come la stessa protagonista, non aspetta altro che essere (ri)trovato.

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Qui la nostra intervista a Ciro De Caro e Rosa Palasciano:

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