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Guardiani della Galassia | Tra pop, stelle e gli Anni Ottanta

Peter, Gamora, Rocket, Groot, Drax, Nebula, Mantis: non ci sarebbe MCU senza gli stellari underdogs

I Guardians, direttamente dal Vol. 2

Ammettetelo, appena la Disney, dopo la bufera dei vecchi tweet e annesso licenziamento, ha riabilitato James Gunn alla regia del terzo episodio dei Guardiani della Galassia, avete tirato su un bel sospiro di sollievo. Perché, è chiaro, che la (grande) fortuna della banda interstellare che tanto ricorda Guerre Stellari, non sarebbe stata più la stessa senza il tocco di Gunn. Infatti, di tutto il MCU, il cast e la crew della saga – nella saga – è quella che più di tutte si considera una vera e propria famiglia. E come ogni famiglia disfunzionale che si rispetti, è colorata, sporca, litigiosa, pasticciona. Ma unita da un sentimento che va oltre le differenze.

Una scena del film.

Così, proprio sulle differenze, fin dal primo capitolo, datato 2014, la produzione della Marvel ha spinto su quello che nel suo Universo ancora non c’era: battute a più non posso, personaggi spregevoli, alberi umanoidi, improbabili ballerini. La figlia (adottiva) di un mostro spietato. Ma, soprattutto, la musica sparata a tutto volume, da un pianeta all’altro, fino alla costellazione più lontana. Del resto, mancava l’approccio pop più genuino, introdotto, qui, con una storia sviluppata nell’arco di due film stand alone. Più Infinity War ed Avengers: Endgame, naturalmente. Di conseguenza, all’uscita del primo capitolo, il pubblico e la critica etichettò il film di Gunn come uno dei migliori titoli sfornati dal produttore Kevin Feige.

Una scena dei Guardiani della Galassia.

Storia di rivalsa e accettazione, un’armata spaziale di bislacchi guerrieri: Peter Quill, Rocket e Groot, Gamora e Drax. Underdogs per eccellenza, vagabondi stellari, salvatori (in)consapevoli delle galassie. Grande gruppo e, di conseguenza, grande cast: Chris Pratt, Zoe Saldana e Dave Bautista, addirittura Bradley Cooper (tra i papabili del registi del vol.3, dopo il momentaneo allontanamento di Gunn) a dar voce a Rocket. Uno dei pochi superstiti – insieme a Nebula, interpretata da Kare Gillan – sopravvissuti allo schiocco letale di Thanos, nonché personaggio chiave nell’atteso grande finale.

“I am Groot”

Insomma, due volumi ad alto tasso di intrattenimento, in un’evoluzione narrativa non da poco. Infatti, per noi di Hot Corn, accompagnandovi in questo viaggio verso l’Endgame, Guardiani della Galassia Vol. 2 non solo è migliore del primo, ma è in assoluto uno dei film più belli di tutto il Marvel Cinematic Universe. Più ragione e meno azione, più unione meno divisioni, sfociando in uno finale bello e toccante, in grado di riassumere, in un paio di sguardi, cosa può voler dire famiglia, senso fraterno, paternità. Mettendoci anche l’arrivo di Mantis, characters tra i più dolci e weird dei cinecomics. Insomma, la controparte galattica dei Vendicatori, dopo le risate del vol.1, citando Footloose e tutto un corposo immaginario piombato dagli Anni Ottanta, nella seconda pellicola tirano fuori quell’epica necessaria per una storia di supereroi.

La famiglia cresce (e anche Groot diventa teen-ager…) e i meccanismi, tra loro, diventano più dosati, studiati, capiti. Più forti. A cominciare dalla comicità, sia demenziale che intelligente, ma mai sovraesposta. Ogni Guardians, acquisisce quindi una propria identità. Su tutti, Peter Quill: mezzo Han Solo mezzo Rick Decker mezzo Indy, muta davvero nello Star Lord di cui la galassia aveva bisogno. Eroe del futuro con un insperabile walkman analogico portato dal passato. Mentre quella vecchia cassetta piena di ricordi suona Sam Cooke, Cat Stevens e George Harrison, Marvin Gaye e Norman Greenbaum.

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