ROMA – «Ieri ho ritrovato le tue iniziali nel mio cuore, non ho più voglia di pensare e sono sempre più sbadato. Tu come stai?», canta Claudio Baglioni, quando Gemma e Paolo (Micaela Ramazzotti e Kim Rossi Stuart) si ritrovano dopo anni, in una Capitale che assiste trepidante ai mondiali del 1986. Non sanno ancora che quell’amore ritrovato, poetico e potente come solo sa essere l’amore a vent’anni, li porterà – giorno dopo giorno – a distruggersi reciprocamente. Cambiando per sempre le vite di Gemma, di Paolo e dei loro amici, Riccardo e Giulio (Claudio Santamaria e Pierfrancesco Favino), i quattro ragazzi protagonisti de Gli anni più belli, ultimo film di Gabriele Muccino che ora arriva in streaming su CHILI (lo trovate qui) dopo la doppia uscita in sala prima e dopo la chiusura per COVID-19.
Un viaggio lungo quarant’anni, in cui tra omaggi (in)consapevoli ai suoi film e ai film dei suoi maestri – potremmo dire che qui c’è un’attualizzazione di C’eravamo Tanto Amati di Ettore Scola – il regista prosegue la lezione di educazione sentimentale, in due ore di cinema totale in cui seguiamo Gemma, Paolo, Riccardo e Giulio nella loro (im)maturazione emozionale di uomini, amanti e amici. Li conosciamo da ragazzotti di una Roma colorata di arancione e di giallo (interpretati da Andrea Pittorino, Matteo De Buono, Francesco Centorame e da Alma Noce, incredibile nel ricalcare le smorfie e le inflessioni di Micaela Ramazzotti), accompagnandoli attraverso un cammino coinvolgente in cui ognuno trovrerà un pezzo di sè.
Con loro condividiamo sogni e paure, i tormenti dell’età che si allunga, mentre il terrore di non farcela prende il sopravvento sulle romantiche illusioni di quando era tutto più facile: una corsa in macchina, un pappagallo giallo, un bacio tra i vicoli di Trastevere, un telefono SIP che proprio non vuole squillare. E, nella loro evoluzione e nella loro attesa (si ameranno, si tradiranno, si odieranno, si ritroveranno…), l’immaginario pop e romantico di Muccino esce prorompente, quasi istintivamente, dando alla sceneggiatura un perimetro che racchiude le scelte (e gli errori) di questi quattro personaggi sull’orlo dell’abisso, nevrotici nei confronti di un tempo con cui non riescono più a comunicare.
E così, Muccino – che rimane tra i pochi autori a capire quanto l’emozione della musica sia fondamentale per il messaggio narrativo e drammatico dell’immagine – ne Gli Anni più Belli, fin dal titolo gioca con il passato e con il peso (insostenibile) dei ricordi. Quelli dei protagonisti da una parte, quelli dello spettatore dell’altra, come se si ritrovasse nella vecchia casa d’infanzia, ad immaginarsi quel futuro che stava già arrivando. Allora, per Gemma, Paolo, Riccardo, Giulio, resta solo il tempo di un rimpianto e dell’ennesima delusione da cui, però, ripartire più forti e più consapevoli. Finendo per ricostruirsi e per capirsi. Tra sguardi e parole sbagliate. Interrotte da un abbraccio che, finalmente, sa di speranza e di certezza.
- Qui potete vedere Gli anni più belli su CHILI.
- Qui Gabriele Muccino in redazione a Hot Corn:
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