ROMA – «Mi interessava raccontare le seconde possibilità. Nulla è mai perduto. E alla base di tutto c’è il perdono, la volontà di capire perché un personaggio ha commesso degli errori. Si parla anche del rimettersi in gioco e del rendersi conto che nella vita ci sono delle fasi in cui anche l’età ti porta a compiere delle azioni non razionali. Si parla di perdono e di immergersi di più nel prossimo». Gianluca Mangiasciutti racconta a Hot Corn i temi alla base del suo ultimo film, L’uomo sulla strada, thriller presentato nella sezione Panorama Italia di Alice nella città, ora in sala, con protagonisti Aurora Giovinazzo e Lorenzo Richelmy. La storia ruota attorno Irene che, a 8 anni, assiste come unica testimone alla morte del padre per mano di un pirata della strada che scappa via. «Alla base c’è una vita piena di sofferenza e traumi», racconta la Giovinazzo, «Ma, allo stesso tempo, la vita è anche colore, sfumature, amore, gioie». Perseguitata dal senso di colpa per non riuscire a ricordare il volto dell’assassino, Irene diventa un’adolescente ribelle e introversa con l’unica ossessione di farsi giustizia. Abbandona la scuola e trova lavoro nella fabbrica di proprietà di Michele, l’uomo al volante dell’auto. «Il film racconta l’impossibilità di vivere in assenza di amore e verità», sottolinea l’attore, «Questa facciata di vita borghese in cui è immerso il mio personaggio è l’alter ego cinematografico di quello che è Instagram. Siamo sempre pronti a far vedere agli altri quello che noi vorremmo essere. Invece è molto più difficile mettersi davanti lo specchio e avere un’onesta intellettuale rispetto a se stessi».
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La video intervista per L’uomo sulla strada è a cura di Manuela Santacatterina:
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