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Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea: «Figli? Un atto d’amore surreale, comico e potente»

I due attori raccontano il film postumo di Mattia Torre, ispirato al suo celebre monologo

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Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea

ROMA – «Che bisogno c’era di fare un altro figlio?». Lo chiede al padre la piccola Anna, primogenita di Nicola, già traumatizzato dall’arrivo di Pietro. In effetti, non c’è mai bisogno, ma le cose semplicemente accadono. E quando le cose accadono, in genere, si resta spiazzati. Così in Figli Giuseppe Bonito racconta, a partire dal monologo di Mattia Torre, I figli ti invecchiano, ansie e dolori, sogni e speranze di una coppia – Valerio Mastandrea e Paola Cortellesi – che vede la propria famiglia crescere. Figli – in sala dal 23 gennaio – avrebbe dovuto essere la terza regia di Torre, ma lo scorso luglio lo scrittore e regista se n’è andato dopo una lunga malattia e la sua eredità è passata nelle mani di Bonito che, in conferenza stampa, non ha dubbi: «Figli è e rimane un film di Mattia Torre». Un film semplicemente splendido, nel suo miracoloso equilibrio di realismo e follia. Ne abbiamo parlato con i due attori e il regista.

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Giuseppe Bonito sul set di Figli. Foto di Andrea Pirrello

LA SCELTA DI MATTIA – «Mattia mi ha scelto come regista di sostegno ed ero piuttosto disorientato dal compito», spiega Giuseppe Bonito, «Mi diceva che sarei stato una sorta di ministro plenipotenziario, usando una delle sue solite iperboli, e che pensare a me era stata una cosa completamente istintiva. Mattia è sempre stato capace di passare con grazia dalla realtà all’inconscio. Sapevo che questa miscela di piani e registri non andava dopata, a nessun livello, sia nel lavoro con gli attori che nell’uso della macchina da presa, sarebbe stato castrante. E l’ho fatta».

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Valerio Mastandrea e il piccolo Pietro. Foto di Andrea Pirrello

SIAMO PIÙ SOLI – «Giuseppe ha usato la parola sfrontatezza per parlare del film», aggiunge Valerio Mastandrea, «ed è questo che usava Mattia, perché stava dentro le cose. In Figli c’è molto della sua storia, del bagaglio emotivo e sentimentale della sua vita e guardandolo non possiamo fare altro che ridere e pensare a quale grande fortuna abbia avuto la gente a stare a contatto con Mattia. Siamo ancora più soli adesso»,

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Paolo Calabresi, il genitore con molti figli. Foto di Andrea Pirrello

LO SFORZO «Figli però non parla solo di figli, è bene ricordarlo», aggiunge Paola Cortellesi, «Il film parla anche dello sforzo di una coppia, parla d’amore e dei percorsi che si fanno, con o senza figli, per mantenere vivo e intatto quel percorso sentimentale. Viene mostrato il lavoro certosino di un uomo e una donna per andare avanti e farlo insieme».

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Una scena del film. Foto di Andrea Pirrello

UN FILM D’AMORE – «Un film che racconta di come resistere agli urti della vita, di come confrontarsi con i ruoli dominanti della cultura, con gli stereotipi che qui vengono presi in giro fino alla morte», riflette Mastandrea. «Perché essere madre deve essere considerato una benedizione, un ruolo che impone alla donna di rinunciare a tutto? Questo è un pensiero da combattere. Alla fine fare figli è una cosa naturale, non è un punto di arrivo, ma una fase di accompagnamento. Lasciamo stare le aspettative. Io per primo non mi sono mai sentito all’altezza; la paternità è difettosa ma è piena d’amore».

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Un’immagine surreale di Figli. Foto di Andrea Pirrello

TRA SOGNO E REALTÀ «Io mi sono riconosciuta in tutte le tipologie di genitori mostrate e ridevo di me stessa», conclude la Cortellesi, «Perché la grandezza di un autore come Mattia è di raccontare cose vere in modo surreale, anche ipotizzando di compiere gesti che non si possono fare nella realtà, come saltare dalla finestra. Proprio per questo non è stato difficile passare da un registro all’altro, perché è già tutto nella realtà, accadono continuamente queste cose, queste alternanze tra liti feroci e risate».

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