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Da Tarantino a Eastwood | Ennio Morricone e il lungo viaggio di Giuseppe Tornatore

Tarantino, Eastwood, e poi Springsteen e i Metallica: Ennio raccontato da uno dei produttori

Ennio Morricone nel murales di Harry Greb a Roma, a via delle Fratte, Trastevere.

ROMA – Clint Eastwood negli studi della Malpaso, a Burbank, a ricordare la Trilogia del Dollaro. Quentin Tarantino a Los Angeles, di notte, sul set di C’era una volta a Hollywood. Pat Metheny, emozionato nel parlare del Maestro, e poi Bruce Springsteen, James Hetfield dei Metallica, Oliver Stone, Bernardo Bertolucci, Marco Bellocchio, Hans Zimmer e molti altri ancora, tutti riuniti in uno stesso documentario per celebrare un uomo che a un certo punto – per usare la terminologia del West – seppe diventare leggenda. Ennio, documentario di 140 minuti – ora in sala – è un’opera colossale firmata da Giuseppe Tornatore che ha cercato di raccontare il mito con parole, suoni e immagini. Ma cosa vedrete esattamente? Per questa nuova puntata di Longform – trovate le altre qui – siamo andati dietro le quinte di Ennio con Gabriele Costa, che con Gianni Russo e la loro Piano B ha prodotto l’intero documentario.

La locandina internazionale di Ennio.

Per capire l’intero viaggio, bisogna però partire dalla prima tappa, lontana quasi sette anni: «E allora torniamo indietro, nel 2015. Io e Gianni (Russo, nda) siamo a colloquio con Tornatore», ricorda Costa. «Vogliamo fare qualcosa insieme, parliamo di vari progetti e a un certo punto, durante la chiacchierata, salta fuori il nome di Morricone. Perché non fare qualcosa su Ennio? In fondo non c’era nulla su di lui». Silenzio. Pausa. Tornatore medita un po’, poi pensa al carattere schivo di Morricone e dice a Costa e Russo: «Facciamo così: se riuscite a convincere Ennio, allora lo faccio». Sembra una missione quasi impossibile: chiunque conosca Morricone sa che, oltre a essere sempre impegnato in studio, parla solo se deve, altrimenti sta (molto) bene in silenzio. La storia sembra finita ancor prima che la prima pagina sia stata scritta.

Morricone e Tornatore in un’immagine del 2016.

Invece no. Invece Costa e Russo si presentano a casa Morricone, a Trastevere, e gli raccontano il progetto. Ennio ascolta, scuote la testa, poi però inizia a prestare attenzione quando esce il nome di Giuseppe Tornatore. «A quel punto», ricorda Costa, «ci dice di aspettare cinque minuti e si ritira in una delle sale della casa». Passa il tempo e dopo un po’ eccolo ritornare con passo sicuro: «Va bene», ci disse, «Se c’è Peppuccio allora lo faccio». In preda all’entusiasmo Costa e Russo escono e telefonano immediatamente a Tornatore: «Che ci disse che già sapeva tutto, Ennio lo aveva appena chiamato». Quei cinque minuti erano serviti a Morricone proprio per sentire l’amico Peppuccio e avere le garanzie del caso.

Due spartiti di Morricone e Gabriele Costa, che ci ha raccontato questa storia.

Da qui inizia una seconda storia, che mescola la lunga intervista fatta da Tornatore a Morricone e le altre testimonianze raccolte dal regista. Non solo, nel frattempo il regista fa allertare le cineteche di mezzo mondo per farsi mandare materiali di repertorio, dai musicarelli per cui faceva gli arrangiamenti negli anni Cinquanta e Sessanta (ricordate il suono del tuffo in Pinne fucile ed occhiali di Edoardo Vianello? Era suo) fino alle prime colonne sonore. «Rimaneva però un problema molto pratico: il tempo», precisa Costa. «Sia Morricone che Tornatore erano molto impegnati e quindi trovammo una soluzione: Ennio mise a disposizione della produzione una stanza di casa sua dove rimanevano fisse le telecamere. Così, ogni volta che lui e Giuseppe avevano tempo, si trovavano e giravano una parte del documentario…».

Morricone e Clint Eastwood con l’Oscar alla carriera, nel 2007.

La macchina inizia a ingranare e nel 2016 – a 88 anni – arriva anche il secondo Oscar vinto da Morricone, quello per The Hateful Eight di Tarantino. «E intanto noi, mese dopo mese, ci accorgevamo che quel documentario non era solo un semplice documentario», ricorda Costa. «Era evidente a tutti che si stava trasformando in qualcos’altro, di più grande, quasi monumentale. Alla fine ci trovammo con ottanta ore di dialogo tra Morricone e Tornatore più le decine di artisti intervistati. Ricordo ancora l’emozione del primo montato. Indescrivibile». Sarebbe già abbastanza così, invece ci sono anche i tanti viaggi fatti da Tornatore e dalla produzione per intervistare quelli che avevano lavorato con lui. E non solo. «Siamo andati in America e abbiamo registrato le interviste a fan illustri come Springsteen, Metheny, Hetfield dei Metallica, disponibili e felici nel parlare dell’influenza della musica di Ennio su di loro». Ci sono anche Oliver Stone e Barry Levinson, ma ne mancano ancora due. E non sono due nomi che possono essere lasciati fuori.

Il mito infinito: anche le magliette su Ennio Morricone.

Clint Eastwood e Quentin Tarantino. «Sì, esatto, proprio loro: Eastwood e Tarantino», conferma Costa. «Erano impegnati e così abbiamo dovuto ritornare perché non potevano non essere nel documentario. Come facevamo a lasciarli fuori?». Ma per Ennio questo e altro: così ecco Eastwood ospitare la troupe addirittura negli studi della Malpaso, a Burbank, dove sta finendo di montare il suo ultimo film, Il corriere. «E nonostante fosse in piena post-produzione ci ha dedicato quasi un’ora per parlare di Ennio, di Leone e dei western all’italiana…». Il secondo peso massimo arriva poco dopo: Tarantino è sul set, sta girando C’era una volta a Hollywood, così l’appuntamento per Tornatore è a Beverly Hills, alle una di notte: «Ci ha ospitato addirittura sul set. Ha interrotto le riprese per riuscire a fare l’intervista…».

Morricone con Quentin Tarantino a Hollywood, nel 2018.

Adesso c’è tutto. Anzi no. Manca proprio il protagonista di questa storia, che il 6 luglio del 2020 se ne va per sempre, lasciando tutto alle spalle. Anche il materiale raccolto in tutti questi anni. «Un dolore enorme e anche un rammarico», ricorda Costa, «perché ci tenevamo che vedesse il documentario, la fine di questo percorso lunghissimo». La prossima tappa del viaggio sarà dunquela sala (finalmente), ma l’Italia sarà solo la parte iniziale di un itinerario molto lungo: «Il documentario verrà distribuito in molti Paesi del mondo, in Giappone e Cina abbiamo già accordo con la Block 2 Distribution di Wong Kar Wai, quindi sì, il viaggio sarà lungo e ancora abbiamo molte trattative da chiudere».

Ennio Morricone, oggi: sui muri di Palermo, disegnato da Andrea Buglisi.

Intanto Morricone non c’è più e pure non è mai stato così presente nella cultura pop contemporanea, dalle magliette vendute su eBay ai murales a Roma e Palermo, dai remix in chiave elettronica alla continua riscoperta dei giovani compositori, dagli omaggi in chiave jazz alle registrazioni più segrete (ve ne avevamo parlato qui). «E a prescindere dall’uscita in sala del documentario e del viaggio che farà poi in tutto il mondo», conclude Costa, «noi di Piano B siamo molto orgogliosi di aver prodotto una cosa davvero unica: quando le giovani generazioni in futuro, tra molti anni, vorranno capire chi era davvero Morricone, allora si guarderanno Ennio…». Non è poco.

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