MILANO – Sono passati tredici anni dall’uscita in sala di un fenomeno che ha inaugurato l’era delle produzioni young adult. L’unico capace, nel nuovo millennio, di unire più generazioni e portarle al cinema per farle appassionare a una lunga, sofferta storia d’amore. Una relazione declinata in versione horror e neo-romantica, tra vampiri, licantropi e adolescenti fragili e acerbi, che palpitano per un colpo di fulmine come dei novelli Romeo e Giulietta, citando dichiaratamente La Bella e la Bestia, nonostante quest’ultima possieda sul viso i tratti dolci, rassicuranti e disneyani dell’allora ventiduenne Robert Pattinson. Twilight di Catherine Hardwicke è l’unico grande immaginario pop dei primi anni Duemila in grado di rendersi icona, con la stessa forza sentimentale che nel passato ha stregato gli spettatori degli Anni Ottanta con Flashdance o Il tempo delle mele.

L’intuizione geniale di Stephenie Meyer e della sceneggiatrice Melissa Rosenberg? Coniugare le asperità della provincia americana e gli innocenti batticuori di teenager alle loro prime esperienze con l’esplicita metafora vampiresca del sesso e del passaggio all’età adulta: il viso candido, la pelle bianchissima, il corpo minuto e innocente della protagonista Isabella Swan emana una femminilità timida e trattenuta ma in procinto di esplodere, che attende di essere divorata dall’amato ed elegantissimo vampiro Edward Cullen. L’attesa, la scoperta dell’attrazione fisica, la tensione sessuale sospesa e mai consumata, soltanto fantasticata e sospirata, sono tappe formative di una crescita che accomuna chiunque abbia attraversato gli spigoli della giovinezza. Per questo Twilight è diventato un mito universale, sfondando le barriere di un unico target per diventare un ciclone commerciale trasversale, forse al di là di ogni aspettativa.

La Hardwicke ha avuto il merito di focalizzarsi sugli aspetti emozionali, prediligendo il mélo e il teen movie alle sottotrame horror, lasciando che fossero gli episodi successivi ad allargare personaggi e intrecci: il primo Twilight, perciò, possiede una vita propria, indipendente, fortemente allegorica, che può anche svincolarsi dai vari New Moon, Eclipse e Breaking Dawn, di cui è nettamente superiore. Il ballo di fine anno tra i due protagonisti è il poster appeso sulle pareti della cameretta di ogni ragazzina di fine anni Zero, oggi ventenni o trentenni che ricordano con affetto e nostalgia quella prima visione di Twilight al cinema.

Per tutti gli altri, cinefili compresi, è un guilty pleasure di cui non vergognarsi: e chi già lo difendeva all’epoca venendo deriso, perché intravedeva una profondità non comune per un blockbuster americano e un potenziale straordinario per Pattinson e la Stewart, oggi si prende la sua rivincita. Questo considerato anche l’eccezionale percorso professionale dei due, che dal trampolino di lancio twilightesco in poi hanno contribuito a scrivere tra le più belle pagine di cinema degli ultimi anni, insieme a signori come David Cronenberg, James Gray, Woody Allen, Olivier Assayas e Christopher Nolan.
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