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Daria D’Antonio: «La fotografia, i set e il mio lungo viaggio, da Pietro Marcello a Sorrentino»

Tra Jasmine Trinca e Almendros: Daria D’Antonio, direttrice della fotografia, racconta il suo percorso

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In azione: Daria D'Antonio sul set. Foto di Andrea Pirrello.

ROMA – Da Il passaggio della linea, diretto da uno sconosciuto Pietro Marcello nel 2007 al nuovo film di Paolo Sorrentino, È stata la mano di Dio, in lavorazione in questi giorni, fino ad arrivare a Being My Mom, cortometraggio di Jasmine Trinca visto a Venezia: il percorso di Daria D’Antonio, direttrice della fotografia in un ruolo quasi sempre declinato al maschile, è decisamente unico, un viaggio tra set e esperienze, immagini e frammenti di cinema con una visione sempre particolare e personale. Un esempio? Basti ricordare – tra le molte cose – la magnifica fotografia malata e cupa di Padroni di casa di Edoardo Gabbriellini che faceva pensare a quella del grande Vilmos Zsigmond in Un tranquillo weekend di paura di John Boorman. «Il mio viaggio? Sono stati anni bellissimi», riflette lei, «Ho avuto la possibilità di potermi confrontare con registe e registi che mi hanno offerto la possibilità di entrare in mondi nuovi. Nel frattempo sono diventata madre due volte, e questo mi permette di essere più centrata, forse anche più empatica…».

Daria D'Antonio in azione sul set de Il ladro di giorni.
Daria D’Antonio in azione sul set de Il ladro di giorni.

Andiamo con ordine: partiamo da Being My Mom, appena visto alla Mostra di Venezia. Com’è nata la collaborazione con Jasmine Trinca?
«Conosco Jasmine da molti anni. La prima volta che abbiamo lavorato insieme è stato su Romanzo Criminale e su quel set è nata subito una simpatia. Poi ci siamo ritrovate al lavoro nuovamente insieme su Slam – Tutto per una ragazza di Andrea Molaioli. Ho sempre apprezzato il suo lavoro come attrice, e poi è una persona intelligente, molto spiritosa. Quando mi ha chiesto di dirigere la fotografia del suo corto d’esordio alla regia ho subito accettato e sono stata felice che il suo pensiero sia stato proprio per me. La stimo molto, credo nella sua intelligenza e nella sua sensibilità. Il clima sul set era molto bello perché anche Alba Rohrwacher ed Olivia Musini (la produttrice, nda) sono due persone che amo».

Being My Mom
Alba Rohrwacher e Maayane Conti in Being My Mom.

Quanto è stato difficile affermarsi come direttrice della fotografia in un ambito che comunque rimane prettamente maschile?
«In realtà credo sia difficile affermarsi anche per un uomo. Spesso il talento non basta, bisogna avere la fortuna di fare il film giusto, quello che ti da visibilità, quello più vicino alla tua sensibilità. Magari non sempre i produttori si fidano se sei agli inizi e qualche possibilità ti è preclusa. Ci vuole passione, pazienza e perseveranza, ma sinceramente non ho mai pensato al mio come ad un lavoro maschile, ho sempre pensato che è la cosa che più amo fare. Sono sempre stata concentrata su ciò che mi interessa capire ed imparare, probabilmente intorno ci può essere stata diffidenza, ma anche curiosità. Sicuramente per anni sono stata l’unica donna nel mio reparto ma non l’ho mai sentita come una stranezza e, se lo è stato per altri, sinceramente non ci ho badato. Se una cosa la vuoi e la vuoi tanto non ti lasci distrarre dalle cose insignificanti che si muovono intorno».

Ancora Daria D'Antonio in un altro momento di set.
Ancora Daria D’Antonio in un altro momento di set.

Ma la nomination all’Oscar a Rachel Morrison nel 2018, la prima a una direttrice della fotografia, ha cambiato la percezione del ruolo oppure no?
«La candidatura di Rachel Morrison mi ha fatto veramente piacere soprattutto perché ha fatto un lavoro straordinario su Mudbound che le è, giustamente, stato riconosciuto. Non so se ha cambiato la percezione del ruolo, ma ha sicuramente aperto una strada…».

Rachel Morrison sul set di Mudbound, prima nomination all’Oscar per una direttrice della fotografia.

Chi sono oggi i riferimenti, i miti della fotografia? Zsigmond? Khondji?
«Sicuramente Vilmos Zsigmond e Darius Khondji, ma ce ne sono molti altri. Penso a Nestor Almendros, Gordon Willis, Jack Cardiff, Michael Chapman, Sven Nykvist, Gianni Di Venanzo, Vittorio Storaro, Robert Elswit, Maryse Alberti (direttrice della fotografia di The Wrestler di Aronofsky, tra le molte cose nda) Agnés Godard, Roger Deakins, Emmanuel Lubezki. Un altro riferimento per me importante è Luca Bigazzi: ho avuto la fortuna di lavorare con lui per molti anni e gli devo moltissimo».

Nestor Almendros
Nestor Almendros (1930 – 1992) sul set di New York Stories con Martin Scorsese. Era il 1989.

Qual è il film che hai girato di cui sei più fiera? E perché?
«Difficile sceglierne uno solo, perché per ogni esperienza ho un sentimento forte e con ognuno di quei film ho un legame speciale. Se proprio devo, allora dico La pelle dell’orso di Marco Segato e Il corpo della sposa di Michela Occhipinti, due film che per motivi diversi mi hanno fortemente messa alla prova. Essere arrivata alla fine ed essere felice del risultato è una grande soddisfazione…».

Lucia Mascino in una scena de La pelle dell’orso. Era il 2016.

Proprio in questi giorni sei sul set del nuovo film di Paolo Sorrentino, È stata la mano di Dio: è più la pressione o la felicità di esserci?
«Senza dubbio sento una responsabilità enorme, una grande pressione, ma in realtà sono soprattutto pazza di gioia!».

  • Being My Mom | Il debutto alla regia di Jasmine Trinca
  • VIDEO | Jasmine Trinca e Olivia Musini raccontano BMM

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