MILANO – Un mese prima che Ron Woodroof morisse, nel 1992, lo sceneggiatore Craig Borten guidò da Los Angeles fino a Dallas, Texas per andare a conoscerlo. L’idea era quella di raccontare la sua incredibile storia in un film. Da quei giorni trascorsi insieme all’uomo, la cui testimonianza è racchiusa in oltre 20 ore di interviste registrate con un Dictaphone, sono passati vent’anni prima che Dallas Buyers Club di Jean-Marc Vallée arrivasse sul grande schermo. Era il 2013 e l’anno successivo il film si portò a casa tre premi Oscar, tra cui Miglior Attore e Miglior Attore Non Protagonista rispettivamente per Matthew McConaughey e Jared Leto.
Ma chi era Ron Woodroof? Un operaio nel libro paga di un’industria di estrazione petrolifera con una passione per i rodeo, tre matrimoni falliti alle spalle e una vita dissoluta. Proprio a causa di un rapporto non protetto contrasse l’HIV in un periodo – siamo nella metà degli anni Ottanta – in cui la malattia era erroneamente associata alla comunità LGBTQ. Woodroof rigettò la diagnosi dei medici convinto che fosse impossibile per lui aver contratto il virus. Ma l’aggravarsi della sua condizione lo portò a confrontarsi con la realtà e una prognosi di trenta giorni di vita.
Rimasto solo, senza più lavoro e amici, Woodroof venne a conoscenza di una cura sperimentale. A metà pazienti veniva somministrato l’AZT approvato dalla Federal Drug Administration (FDA) – nel 1987 fu dichiarato il farmaco più costoso mai venduto con una cifra che si aggirava sui 10.000 dollari per una fornitura di un anno – all’altra metà un placebo. La richiesta di Woodroof a partecipare fu però respinta. Ma l’uomo trovò una speranza nel Dott. Vass, un medico radiato dall’albo che viveva e lavorava in Messico dove trattava l’HIV con una cura a base di peptide T, proteina non dannosa – a differenza dell’AZT – per le cellule sane.
Woodroof testa sulla sua pelle l’efficacia del farmaco e decide di importarlo negli Stati Uniti – all’epoca la proteina non era illegale, semplicemente non approvata dal FDA – dove fonda il Dallas Buyers Club. Niente di più di un’associazione – come molte altre nate in tutto il Paese – in cui vendeva ai malati di AIDS, ad una retta di 400 dollari mensili che serviva a mascherare la compravendita di per sé illegale di farmaci non approvati, tutte le medicine di cui avevano bisogno (anche se non tutte quelle importate dal Messico erano realmente efficaci contro la malattia).
Furono circa 300 i viaggi dal Messico agli Stati Uniti in cui l’uomo usava vari travestimenti – dal prete al medico – per non farsi scoprire. A differenza di quanto si vede in Dallas Buyers Club, sia il personaggio di Rayon che della dottoressa Saks sono di finzione sebbene ispirati ai tanti malati e medici che Woodroof incontrò nel corso degli anni in cui non si fece mancare neanche delle cause legali contro l’FDA sia per non aver approvato il Peptite T – dichiarato non tossico – che per non averlo accettato nella sperimentazione sull’AZT. Morirà il 12 settembre 1991, sette anni dopo essersi sentito dire di avere solo un mese di vita.
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