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Dal mito alla spiritualità: Milarepa è il cinema come rito secondo Louis Nero

Un film di fantascienza arcaica che trasforma il cinema in rito collettivo, tra le suggestioni di una Sardegna senza tempo e un cast internazionale guidato da Harvey Keitel e F. Murray Abraham.

Harvey Keitel è tra i protagonisti di Milarepa

ROMA – Coerenza e coraggio. E’ il percorso di Louis Nero, regista di Milarepa, in uscita il prossimo 19 giugno, che continua – a distanza di quasi 25 anni dal suo esordio – il suo personale percorso di ricerca di un cinema visionario, spirituale e filosofico. Non nuovo a riletture ardite di generi e a incursioni nell’immaginario esoterico (si pensi a Il mistero di Dante o Rasputin), Nero firma qui un’opera che si presenta come un rito cinematografico più che come un semplice racconto, un film che invita a contemplare e riflettere. Il progetto nasce come rivisitazione della figura storica e leggendaria di Milarepa, mistico tibetano del XI secolo, conosciuto per il suo viaggio di trasformazione dalla vendetta alla compassione. Nero ne trae un racconto di formazione femminile trasposto in un futuro post-apocalittico in cui l’essere umano, privato delle illusioni della tecnologia, riscopre il legame con la natura e con la propria interiorità.

Harvey Keitel e Diana Dell’Erba in una scena del film

La giovane Mila, interpretata dalla promettente Isabelle Allen (già Cosette bambina ne I Miserabili di Tom Hooper), vive su un’isola del Mediterraneo sospesa nel tempo, dove l’ordine sociale è retto da antichi codici tribali. Dopo la perdita violenta e inaspettata del padre e l’usurpazione dell’eredità da parte degli zii, spinta da una madre altrettanto ferita, Mila si traveste e intraprende un viaggio per apprendere le arti magiche che le permetteranno di compiere la sua vendetta. Ma l’atto di sangue non porta sollievo: tormentata dai sensi di colpa, Mila inizia un nuovo percorso di ascesi e di purificazione, cercando l’insegnamento di un maestro spirituale, il guru Marpa (interpretato da Harvey Keitel), che la guiderà verso una più profonda comprensione di sé.

Milarepa è un film che evoca più di quanto racconti: rinuncia deliberatamente alla costruzione classica della trama per abbracciare una narrazione fatta di immagini potenti, di simboli e di atmosfere sospese. La fotografia, curata da Micaela Cauterucci, alterna paesaggi arcaici della Sardegna (trasformata in scenario quasi mitologico) a interni avvolti da luci cangianti, rispecchiando il cammino emotivo della protagonista.Il lavoro sul sonoro è altrettanto di prim’ordine: le musiche di Andrea Guerra avvolgono elementi della tradizione sarda con suggestioni tibetane, creando un ponte ideale tra mondi e culture lontane, in sintonia con il carattere profondamente multiculturale del film.Nel cast spiccano, accanto a Keitel, le interpretazioni di F. Murray Abraham, Ángela Molina, Franco Nero, Hal Yamanouchi, Diana Dell’Erba e Bruno Bilotta, che incarnano figure guida, riflessi interiori, archetipi che accompagnano Mila nella sua metamorfosi.

Isabelle Allen è Mila nel film

Come sottolinea lo stesso regista nella sua nota d’intenti, Milarepa non si limita a essere un film di fantascienza, ma un’opera che ribalta i codici del genere: la tecnologia non è più il motore della storia, che invece si fa viaggio interiore, esperienza iniziatica. È un cinema che richiama alla lentezza, alla contemplazione, e che sfida lo spettatore a lasciare da parte l’approccio razionale per entrare in uno spazio simbolico e sensoriale. Un film che richiede un pubblico disponibile ad accogliere questa proposta “altra”: chi si aspetta un racconto lineare o un’opera di puro intrattenimento potrebbe restare spiazzato. Ma proprio qui risiede la forza di Milarepa: nel suo essere un atto di resistenza estetica e spirituale, un invito a interrogarsi sul senso della vendetta, sul valore della compassione, e sul bisogno, oggi più che mai urgente, di tornare all’essenziale. In questo senso, l’evento speciale che accompagnerà la proiezione — una meditazione collettiva guidata da dei Lama in oltre 100 sale italiane — non è semplice corollario, ma parte integrante della visione: il cinema si trasforma in spazio sacro, la visione in rito condiviso. E forse è proprio in questa fusione tra arte e spiritualità che si coglie il senso più profondo dell’operazione di Louis Nero.

  • VIDEO I Qui per l’intervista a Louis Nero
  • VIDEO I Qui l’intervista al premio Oscar F. Murray Abraham

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