in

Alexis Michalik: «Il mio Cyrano Mon Amour, tra Edmond Rostand e Shakespeare In Love»

Autore, attore e commediografo: il regista racconta ad Hot Corn il suo (bel) debutto alla regia

ROMA – Niente drammi, una storia educata e sensibile su come uno sconfitto è riuscito a diventare uno degli autori teatrali che, ancora oggi, fanno sold out a teatro. Perché, la vicenda di Edmond Rostand, francese e parigino dietro al suo Cyrano de Bergerac, viene (ri)portata sullo schermo da Alexis Michalik in Cyrano Mon Amour, pellicola interpretata da Thomas Solivérès, Oliver Gourmet e Mathilde Seigner (la potete vedere in streaming qui). Un piccolo gioiello in cui si racconta la svolta di Edmond, di vita e di carriera, avvenuta grazie ad una delle commedie più famoso del mondo. «Questo, come il Cyrano, non è un film solo francese», ci racconta Michalik, «ma europeo. Nella troupe c’era anche un cameraman italiano».

Alexi Michalik sul set del film.

«Il film? Tutto è cominciato con Shakespeare in Love. Che operazione geniale. Insomma, perché non fare un’opera così, anche in Francia? Volevo rendere omaggio a quell’epoca, raccontando di Edmond – e di come nessuno abbia creduto in lui – e del Cyrano», continua il regista. E il film, per approccio, stile, immagine, funzione tutto. Nulla è eccessivo, ma appoggiato leggermente e con cura. Dai costumi alle divertenti battute. Insomma, teatro e cinema che si incontrano in un film garbato e virtuoso. «Intorno ad Edmond, interpretato da Solivérès, ho costruito un’altra storia. Ci sono situazioni reali e alcune inventate, ho parlato di teatro e creazione teatrale. E di come la vita si leghi alla finzione. Mettendoci dentro l’essenza: romanticismo, eroismo, ispirazione».

Thomas Solivérès è Edmond Rostand.

Tecnicamente ambizioso, narrativamente frizzante e fiabesco, Cyrano Mon Amour è il debutto alla regia di Alexis Michalik. «I riferimenti per il film? Tanti. Ma volevo fare qualcosa di classico, amando Via col Vento o Billy Wilder. Qui, c’è un ritmo incalzante, perché parlando di teatro al cinema, bisognava svegliare il pubblico. Non volevo fare un film datato né ancorato al momento. Un po’ come Cyrano, senza tempo», racconta. A proposito della sceneggiatura, la pellicola non sbaglia una parola. «Racconto quello che mi hanno toccato o commosso, che siano cose inventate o vere. Perché penso che posso avere lo stesso effetto sul pubblico. Poi ogni spettatore reagisce in un modo diverso, ci si dimentica nel mondo, in una storia raccontata da altri».

edmond
Una scena di Cyrano Mon Amour.

Curiosa, e forse non casuale, una battuta di Edmond, che accusa il cinema di aver tolto spettatori al teatro. Un parallelismo adatto anche adesso, con la tv che sta prendendo il posto del grande schermo «Teatro, cinema e poi tv… Sicuramente possiamo fare un parallelismo, all’epoca il cinema era qualcosa di incredibile. Il teatro non era morto, però, e possiamo dire la stessa cosa adesso. Serie tv, prodotti artistici, per me resta comunque cinema. Il cinema non morirà. Si evolverà, perché è una maniera di raccontare le cose attraverso un altro modo di comunicare». Allora, il confronto Michalik, lo fa direttamente con il suo lavoro di regista teatrale. «Cinema e teatro non sono così diversi, cambiano le dinamiche. È arte dell’effimero, con diverse pièce treatrali che, al contrario di alcuni film, resistono al tempo».

Sul palco del Cyrano de Bergerac.

In Cyrano Mon Amour, grazie ad Parigi del 1987 idealizzata ed estetica, lo spettatore esce dalle ambientazioni reali, immergendosi nelle meravigliose scenografie, proprio come fossimo seduti all’Opéra Garnier. Ma, come in ogni grande spettacolo, quello che resta è il protagonista, qui un Edmond in cui è facile rispecchiarsi. «Lui diceva che ero uno sfigato, ma era un fallito nobile», conclude Michalik, «Del resto è un francese, ci piace chi perde con eleganza. Stiamo dalla parte di chi perde bene, piuttosto da chi vince sempre. E questo personaggio ha un eco importante verso di noi francesi».

  • Qui potete vedere in streaming Cyrano Mon Amour

Lascia un Commento

Valentina Lodovini

Valentina Lodovini: «Io, Spore e il privilegio di lavorare in film indipendenti»

a dangerous method

A Dangerous Method | Keira Knightley, Freud, Jung e la storia vera dietro il film