MILANO – Il titolo è lo stesso, ma questa volta non ci troviamo di fronte a un’epidemia che ha eliminato l’intera popolazione di donne in età fertile. Sul perché David Cronenberg abbia deciso di chiamare il suo ultimo film come la sua opera del 1970 è un qualcosa su cui si possono fare solo congetture. Fatto sta che ora, a otto anni di distanza dal suo precedente film, il Maestro del body horror è tornato con un nuovo e ancora più inquietante Crimes of the Future. Presentato al Festival di Cannes e in uscita nelle sale italiane dal 24 agosto, il regista torna ad affidarsi a Viggo Mortensen, affiancato da due nomi come Léa Seydoux e Kristen Stewart.

Non si sapeva bene cosa aspettarsi dal grande ritorno di David Cronenberg, considerando anche che nei suoi ultimi lavori aveva un po’ tralasciato il genere thriller e horror che lo ha consacrato. Ma Crimes of the Future sembra essere davvero un ritorno alle origini, in cui il regista torna a interrogarsi su quei temi che sono stati la trave portante della sua filmografia: l’essere umano e il suo corpo, infezioni e mutazioni, contaminazioni della carne. In un distopico futuro, l’umanità immaginata da Cronenberg sta subendo mutazioni genetiche che segnano il traguardo di un nuovo stadio evolutivo.

Nessuno sa bene come o perché, ma alcune persone registrano la crescita di nuovi organi. Alcuni li considerano come delle masse tumorali, altri delle benedizioni. Alcuni di questi organi sono operativi ma non se ne conosce la funzione, altri sembrano essersi adattati al mondo che li circonda – come un apparato digestivo in grado di processare la plastica. Il dolore è sparito, quasi del tutto. Gli interventi chirurgici amatoriali ed eseguiti anche nelle strade sono la nuova frontiera verso cui tanti si spingono per provare piacere. Nessuno è più abituato a dire “mi fa male”. Solo nel sonno si ritrova qualche traccia del dolore antico, ed è quello che usano gli artisti come Saul (Viggo Mortensen) e Caprice (Léa Seydoux) per le loro performance di body art.

Solo in superficie un grottesco affresco di un’umanità degenerata, in cui organi e interni umani compaiono sullo schermo anche fin troppo spesso, la riflessione di Crimes of the Future non affonda le radici in tempi troppo lontani. Anzi, Cronenberg se l’è trovata servita su un piatto d’argento. Stiamo distruggendo il pianeta, ma in che modo le conseguenze si sentiranno anche sul nostro corpo, sul nostro modo di vivere, sulla nostra evoluzione? Un meta commento sul caos che è il progresso umano e che affronta temi per niente sconosciuti al regista: il piacere in un mondo post-moderno, l’uomo contro le macchine, gli stadi della metamorfosi. Ma la sua distopia qui è talmente fredda e cruda da essere ancora più intrigante.

Crimes of the future è sorprendentemente calmo per essere il racconto di quella che si può definire una vera e propria insurrezione contro la stessa natura dell’umanità. Otto anni di pausa professionale si fanno sentire e questa è la risposta di David Cronenberg a quel silenzio, a un mondo che nel frattempo è cambiato – e non poco -, attraverso il tramonto del domani. Un domani in cui il corpo diventa l’unica realtà possibile, l’unico strumento attraverso cui si può cercare la verità. Una meditazione sul rapporto tra la vita organica e la materia sintetica che, in qualche modo, è riuscita a spingersi persino oltre i confini entro cui si è sempre mosso il suo regista.
- Crimes of the Future. Perché aspettiamo il ritorno di David Cronenberg
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