ROMA – La Sicilia, l’Europa, il mondo e una casa che diventa set. Un lavoro intimo ma universale, Costanza Quatriglio, regista palermitana, arriva alla Berlinale nella sezione Forum con il suo Il Cassetto Segreto, fatto di viaggi sentimentali attraverso fotografie, bobine 8mm, registrazioni sonore realizzate dal padre dagli anni Quaranta in poi in Europa e nel mondo. Una memoria personale e collettiva che si mescola in un fitto dialogo tra presenza e assenza. Palermo e la Sicilia, con la loro storia e la loro cultura, sono il punto di osservazione del mondo da cui tutto parte e a cui tutto torna. Un cassetto dai cui escono i ricordi del papà Giuseppe (giornalista, scrittore e giramondo siciliano) e di una bambina. Ma anche inaspettati, come la voce di Carlo Levi, i ricordi di Jean Paul Sartre, la stretta amicizia con Leonardo Sciascia. E le foto di Anna Magnani, Cary Grant e Ingrid Bergman, l’autoscatto mancato con Enrico Fermi, e quel disegno di Renato Guttuso e i pomeriggi con il poeta Ignazio Buttitta. Ma anche il terremoto del Belice e il muro di Berlino, la Parigi e l’America degli anni Cinquanta. Su e giù per il Novecento, su e giù per il mondo.
BERLINALE – «Sono sinceramente felice che Il Cassetto Segreto sia mostrato in anteprima a Berlino. Questo è un film che parte dalla Sicilia ma vive nel mondo. Dalla casa, dalla mia casa, c’era già il mondo intero. L’idea di mostrarlo a un pubblico così importante non può che inorgoglirmi. In una sezione poi, quella di Forum, straordinaria. Che ha fatto la storia del Cinema negli anni. Le emozioni sono state tante, c’è stato molto impegno, nel fare, lo stesso che magari a volte è stato tale da non avere tempo per interrogarsi su alcune emozioni. Io ho vissuto in modo curioso e partecipe la presenza dei bibliotecari e degli archivisti nel progetto. Mi è piaciuto molto come loro lavoravano sui libri e sull’archivio, vedevo che amavano molto ciò che stavano facendo e mi hanno trasmesso questo senso di cura continuo. C’è stato anche il pudore, sì: non è facile filmare la propria casa e provare a raccontare qualcosa che è cosi vicino a te, in termini affettivi e di storia personale. Ma questa ritrosia e riservatezza personale che ho l’ho superata sapendo la portata universale di questo racconto. Non solo per le vicende e i racconti che riguardano la storia d’Europa e del mondo dal dopoguerra in poi, ma anche la sfera privata che riguarda tutti noi».
LA REALIZZAZIONE E I RIFERIMENTI – «Il momento decisivo è stato quando ho avuto contezza della mole di materiale che stava affiorando per Il Cassetto Segreto, in termini di racconti e vicende. E del fatto che mi piaceva filmare. Sentivo che filmare la mia casa diventava in qualche modo una forma di conoscenza, un modo per cambiare un punto di vista. Quando ho capito queste cose è stato molto semplice per me fare il film, però no, nessun riferimento. In questo progetto mi dispiace dirlo, ma assolutamente no, questo è un gesto di estrema libertà e di estrema compiutezza di un percorso che è il mio percorso. Anche rispetto al cinema, in qualche modo, è un film che mette insieme diversi aspetti del fare cinema che sono tutti aspetti che negli altri film ho sperimentato».
I FESTIVAL – «Servono moltissimo per la scoperta, quando essi sono territorio di scoperta e di confronto sui linguaggi, su chi siamo e su chi possiamo essere. Quando servono come delle vetrine al servizio di un mercato che non ha bisogno di essere supportato ma serve soltanto per autoalimentarsi, servono meno».
IL PASSATO – «Di essere sempre libera, di non perdere l’estrema vitalità, energia e grande creatività con cui ho cominciato. E di non fare gli errori che sono stati fatti dopo, anche se tutto sommato sono ancora giovane per dire questo (sorride, ndr). magari a quella più piccola glielo dico».
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