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Città invisibile | Se una serie fa rivivere il folclore brasiliano, tra misteri e antiche divinità

Carlos Saldanha crea una storia crime dalle sfumature fantasy. E questa volta Netflix guarda al Brasile

città invisibile

MILANO – Folclore e mitologia sono da sempre alla base di una cultura e di una società. Sin dai tempi più antichi, molto prima dei romanzi e del cinema, miti e leggende sono stati l’espediente per sopperire al più naturale bisogno della specie umana: raccontare storie. I più famosi, ovviamente, sono quelli greci e romani, seguiti direttamente dalle divinità nordiche e qualche mina vagante che arriva da India e Asia. Carlos Saldanha, già regista di Rio e L’era glaciale, ha voluto realizzare una serie che esplorasse il folclore e le leggende del Brasile, ai più sconosciute. È nata così Città invisibile, sette episodi targati Netflix, ambientata nella capitale brasiliana, Rio de Janeiro.

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Marco Pigossi in una scena di Città invisibile

Di per sé, Città invisibile nasce come un crime. Il protagonista è Eric (Marco Pigossi), un poliziotto che, dopo la morte della moglie, l’antropologa Gabriela (Julia Konrad), in un incendio boschivo, attraversa un periodo emotivamente instabile mentre si dedica alla ricerca delle prove che attestino come dietro l’incendio vi sia l’interesse di una società di costruzione interessata al terreno. Lo spunto da cui parte la serie si può riassumere letteralmente nel classico “loro sono tra noi”, visto che le indagini di Eric portano alla luce inquietanti collegamenti con i miti e le leggende che popolano il Brasile. Scopre infatti che alcuni degli individui che incontra sono in realtà delle antiche divinità, incarnate nel corpo di esseri umani.

Una scena di Città invisibile

Fondamentalmente è quello che aveva già fatto Neil Gaiman nel bel American Gods, ma lì le divinità dovevano affrontare l’economia americana, e si trattava comunque di déi conosciuti. Città invisibile invece ci fa scoprire un folclore di cui molti erano all’oscuro. Facciamo ad esempio conoscenza di Curupira, uno spirito della foresta che protegge gli animali e il bosco da coloro che tentano di distruggerli, e Cupa, una vecchia strega che si aggira per le città di notte e tormenta i sogni dei bambini.

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Marco Pigossi e Carlos Saldanha sul set di Città invisibile

C’è poi Iara, una sirena nera che era simbolo e orgoglio delle tribù dell’Amazzonia: vittima dell’invidia dei fratelli, che cercarono di ucciderla, si macchiò della loro morte e per questo venne gettata nel fiume ma salvata dai pesci, diventando così la Signora delle acque. Città invisibile racconta poi della leggenda di Saci, un folletto dispettoso che può creare turbini d’aria, e di Manaus, un intrigante uomo che nelle notti di luna piena seduce le giovani fanciulle per poi scomparire a nuoto trasformato in delfino rosa. Ma qui il fantasy serve anche per parlare al presente.

Alessandra Negrini in una scena di Città invisibile

A partire dall’incendio nella foresta, che si riallaccia direttamente a un dibattito che ormai si protrae da anni sullo sfruttamento della terra e delle foreste, sulla distruzione del loro ecosistema e delle comunità indigene, costrette ad abbandonare quei luoghi a causa delle multinazionali. D’altronde è stato proprio nel 2020 che l’Amazzonia è rimasta vittima di uno degli incendi più estesi nella sua storia. Insomma, Città invisibile ha un po’ di tutto: crime, fantasy, mistero, suspense e commentario sociale. Un’estetica curata e una tradizione avvincente che fino ad oggi non avevamo ancora avuto il piacere di conoscere.

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Qui potete vedere il trailer di Città invisibile:

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