ROMA – «Paul is dead, man: miss him, miss him, miss him!». Un mormorio canticchiato da John Lennon sul finale di I’m So Tired che, se ascoltato al contrario, rivelerebbe uno dei tanti indizi/confessione dei Beatles sulla (presunta) morte di Paul McCartney, avvenuta due anni prima. Tracce disseminate un po’ ovunque, versi allusivi, copertine e film, che hanno contribuito ad alimentare una delle leggende più celebri della storia del rock. Quella, cioè, che vorrebbe il bassista della band di Liverpool morto in un’incidente e sostituito da un sosia. Un sostituto che, ad oggi, se la teoria del complotto fosse reale, avrebbe avuto una carriera molto più lunga del vero Paul.
A oltre cinquant’anni dall’inizio di quei rumors, poi racchiusi nella sigla P.I.D. (Paul is Dead), qualche tempo fa lo sceneggiatore Paolo Baron e il disegnatore Ernesto Carbonetti hanno dato vita, a quattro mani, a Chiedi a John. Quando i Beatles persero Paul. Una graphic novel, edita da 80144 Edizioni, che inevitabilmente doveva finire qui sulla nostra rubrica Comic Corn e che parte dalla teoria del morte del baronetto, torna indietro nel tempo, fino alla Londra del 1966. L’anno delle sessioni di registrazione agli Abbey Road Studios di uno dei primi concept album della storia: Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (e se non lo avete mai visto recuperate in streaming il documentario qui).
È il 10 novembre e John Lennon è solo in studio con George Martin. Gli sta facendo ascoltare una versione ancora incompleta di Strawberry Fields Forever in attesa che anche il resto del gruppo arrivi per rimettersi a lavoro e dimenticare il litigio del giorno precedente. Ma a precederli ci pensa Brian Epstein, il manager che qualche anno prima li aveva tirati fuori dal fumoso Cavern Club per farli diventare, nel giro di pochi anni, la più grande rock band del mondo. È lì per dirgli che quella notte Paul, a bordo della sua Aston Martin, ha avuto un incidente ed è morto.
Ed è così che Chiedi a John. Quando i Beatles persero Paul, prende spunto dalla leggenda per raccontare altro. La disperazione incredula per un’assenza improvvisa, neanche lontanamente immaginata, che vede John, George e Ringo alle prese con il dolore e la rabbia per aver perso il loro compagno di viaggio Paul McCartney. Una sofferenza alla quale devono cercare di dare un senso, ricostruendo le ultime ore di vita dell’amico. Una storia inventata sì, ma ricca di dettagli reali e citazioni ad eventi realmente accaduti in quegli anni.
Non sarà affatto difficile, infatti, per ogni fan dei Beatles intercettare rimandi a brani, aneddoti o personaggi che hanno alimentato il mito della band. Da The Fool On The Hill a I Am The Warlus fino ai tentativi di appendere a testa in giù John al soffitto degli Abbey Road Studios per registrarne la voce in movimento per Tomorrow Never Knows. A impreziosire il tutto, le tavole di Carbonetti dai tratti nervosi, dalla scelta dei colori vibrante, psichedelica come l’atmosfera che circondava i Beatles e l’Inghilterra in quegli anni.
Una graphic novel che sfrutta il complotto della morte di Paul McCartney per tratteggiare una storia molto più intima: l’amicizia complice di quattro ragazzi che, brano dopo brano, hanno conquistato il mondo con la loro musica e del peso che quella fama comporta. Perché aveva ragione Paul quando cantava: «The fool on the hill sees the sun going down and the eyes in his head see the world spinning round».
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