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Cattive Acque, il coraggio di un uomo comune e l’impegno civile di Mark Ruffalo

Todd Haynes si confronta con il legal thriller raccontando una storia (vera) di ossessione ed eroismo

Cattive acque
Mark Ruffalo nel banner di Cattive Acque

MILANO – «Show me a hero and I’ll write you a tragedy» scriveva nel 1945 Francis Scott Fitzgerald in Notebook E. Un verso ripreso settant’anni dopo da Paul Haggis in Show me a hero, mini-serie HBO che raccontava la storia di un uomo comune, il giovane sindaco di Yonkers, Nick Wasicsko (Oscar Isaac), e della sua lotta per cercare di fare qualcosa di giusto per (tutta) la sua comunità. Un verso che ci è tornato alla mente guardando Cattive acque, il nuovo film di Todd Haynes basato su una storia vera. Quella di Robert Bilott – interpretato da un ottimo Mark Ruffalo -, avvocato societario di un blasonato studio sul libro paga di aziende chimiche che si ritrova dall’altra parte della bilancia della giustizia quando scopre una verità troppo grande per essere taciuta.

cattive acque
Una scena del film

Tutto merito della dignità e cocciutaggine di un agricoltore di Parkersburg, Wilbur Tennant (Bill Camp), stanco di seppellire il suo bestiame in quello stesso terreno su cui avrebbe dovuto pascolare. Una serie di prove raccolte in una scatola piena di videocassette – siamo alla fine degli anni Novanta – che fanno scattare qualcosa nella testa dell’avvocato di Cincinnati. Parte così la sua crociata contro la DuPont, azienda chimica rea di aver riversato per anni composti chimici derivati dal Teflon nei fiumi vicini al loro impianto di produzione in West Virginia. Un gesto consapevole e criminale tradotto in una class action guidata da Bilott da 600 milioni di dollari.

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Mark Ruffalo è Robert Bilot

Un legal thriller nato da un articolo di giornale firmato da Nathaniel Rich nel 2016 sul New York Times (lo trovate qui) trasformato da Mario Correa e Matthew Michael Carnahan in una sceneggiatura solida. Un film che s’inserisce in quel filone cinematografico che da Erin Brockovich arriva fino a The Insider e Il caso Spotlight e che rappresenta un unicum nella carriera di Todd Haynes. Il regista di Io non sono qui e Carol si confronta per la prima volta con un genere lontano dalle atmosfere del suo cinema facendolo proprio. Dai dettagli strettissimi alla fotografia livida di Edward Lachman, Cattive acque racconta una storia di ossessione ma anche una storia tipicamente americana. L’uso del Teflon per realizzare padelle antiaderenti nel post Seconda Guerra Mondiale – nel pieno, cioè, del boom economico-sociale del Paese – assume i contorni di uno gli emblemi del Capitalismo a stelle e strisce.

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Mark Ruffalo in una scena del film

Dietro quella facciata d’innovazione ecco nascondersi il veleno della corruzione e del guadagno. Anche al costo della salute di milioni di cittadini che in quel sogno chiamato America credono ciecamente, al punto da non fare domande. Ma Robert Bilott, l’eroe di questa storia tragica, di domande non ha mai smesso di farne. E la sua battaglia ventennale di un Davide qualunque contro un Golia che trova sempre il modo di rialzarsi segna un parallelo con l’era trumpiana e una generale perdita di speranza che ci coinvolge tutti. Cattive acque e la storia di coraggio di un uomo comune, un uomo come noi, ci ricordano l’importanza di non abbassare la testa. «You can stand me up at the gates of hell, but I won’t back down».

  • Cattive Acque | Mark Ruffalo, la DuPont e la storia vera che ha ispirato il film
  • Cattive acque | Mark Ruffalo alla première del film a New York

Qui potete vedere il trailer di Cattive Acque:

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