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Caro Robin Williams, ma quanto è difficile riempire il vuoto della tua assenza…

I film, gli insegnamenti, quel volto e una lettera. Perché dieci anni dopo la nostalgia rimane enorme

Robin Williams
Dieci anni dopo: Robin Williams, scomparso l'11 agosto 2014.

MILANO – Caro Robin, come stai? Qui tutto corre senza posa e non c’è più tempo per nulla, nemmeno per il ricordo, nemmeno per il pensiero. La velocità ci ha reso insensibili, crediamo di partecipare e invece digitiamo, crediamo di appartenere e siamo semplicemente tante isole che cercano di condividere ossessivamente tutto quello che fanno. Anche davanti a decine decine di film e centinaia serie spesso accade lo stesso e – persi in mezzo a franchise, cinecomics, sequel, reboot e esistenze di celluloide che non ci somigliano – ecco, spesso ritorni alla mente proprio tu che dieci anni fa hai deciso di volare via per sempre lasciando che per noi ogni 11 agosto sia sempre quell’11 agosto. E a volte basta davvero poco: un frame, una voce, il titolo di un film, un personaggio che ti somiglia ed eccoti lì, con quello sguardo buono e un sorriso che valeva mille abbracci.

Caro Robin, fragile concentrato d’umanità, tu non potevi saperlo, ma ad un certo punto avevi smesso di essere solo un volto senza dimensione, uno dei tanti che Hollywood ci mandava a ripetizione. Per noi, chiusi in un cinema di provincia a fare i conti con l’adolescenza, eri l’età adulta che avremmo voluto essere, l’insegnante giusto (in mezzo a tanti, troppi, sbagliati) che indicava la direzione da seguire, lo zio buono che ci asciugava le lacrime davanti a scuola spiegandoci che presto sarebbe finita. Quante cose avremmo voluto dirti Robin, quante giornate hai salvato dal nulla della noia, quante lezioni di vita ci hai impartito senza nemmeno saperlo. E volerlo. Non abbiamo mai potuto ricambiare, non abbiamo mai nemmeno potuto dirtelo a voce che grazie a te – solo grazie a te – riuscimmo a vedere una porta dove per tutti c’erano solo muri e riuscimmo ad andare avanti quando non sembrava potessimo nemmeno camminare.

Caro Robin, adesso sono passati dieci anni – dieci, fa quasi effetto dirlo, scriverlo – ma qui non c’è tempo nemmeno per il ricordo, solo notizie che si macinano, cose che durano un attimo, frasi utili a gonfiare un’era digitale sempre più vuota che fagocita tutto e non lascia addosso nulla. Ma se è vero – com’è vero – che non si vive senza vite prestate, ecco che basta ritrovare un tuo film che passa in televisione oppure che riscopriamo in streaming per ritrovare quel vecchio amico che divenne porto in tempi di tempesta. Le pagine strappate di John Keating, sì, ovviamente, ma anche il matto saggio de La leggenda del re pescatore (che capolavoro sottovalutato) oppure il deejay anarchico di Good Morning Vietnam, l’alieno Mork, il papà di Mrs. Doubtfire, e Hook, e Will Hunting, e Jumanji oppure Garp.

Caro Robin, insomma, hai capito cosa vogliamo dire con questa lettera non troppo rigorosa e nemmeno centrata (e meno male, no?) e non staremo qui a farla tanto lunga, anche perché sono solo parole che non serviranno a nulla. Eppure sentivamo che in un momento in cui tutti prendono e in cui nulla sembra mai abbastanza, ecco, forse era proprio questo l’attimo in cui ridare qualcosa. Ci hai insegnato l’infinito potere della risata, ci hai liberato l’immaginazione a colpi di battute e smorfie, ci hai spiegato cosa davvero conta nella vita e il rimpianto più grande è pensare che tutto questo non ti sia bastato. Pensare che dentro ti fosse rimasto un baratro infinito su cui hai tentato di danzare fino all’ultimo istante. E allora, perché adesso il ricordo della tristezza rimane ancora tristezza e quello della felicità non è più felicità, ma solo nostalgia?

Insomma Robin, ecco, era solo questo, anzi, è già troppo, volevamo chiuderla molto prima questa lettera, ma no, non ci siamo mica riusciti. Era solo per dirti che per noi non te ne sei andato, no, sei sempre qui, da qualche parte, nascosto. Forse stai preparando l’ennesimo scherzo, forse salterai fuori all’improvviso, ennesimo sberleffo a un mondo che non ti meritava, che non ti ha meritato. Non succederà, lo sappiamo, il silenzio ci rimarrà addosso, pesante come quella nuvola nera dell’11 agosto e allora non rimane che usare e cambiare le parole che Campanellino ti sussurrava in quella scena di Hook, te la ricordi?: «Sai quel luogo che sta fra il sogno e la veglia, dove ti ricordi ancora che stavi sognando?». Ecco, quello è il luogo dove noi ti aspetteremo sempre, Robin Williams.

  • LONGFORM | L’attimo fuggente e quanto Robin fu capitano
  • RE-VISIONI | Chi ricorda Il mondo secondo Garp?
  • VIDEO | Good Morning Vietnam e What A Wonderful World:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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