ROMA – Quando il magnate della tecnologica Slater King incontra la cameriera Frida al suo gala, scatta la scintilla. King invita Frida a unirsi a lui e ai suoi amici per una vacanza sulla sua isola: un paradiso dove le notti si fondono con lunghe giornate. Nessuno vuole che questo viaggio finisca ma, quando iniziano ad accadere fatti insoliti, Frida comincia a mettere in discussione la realtà. C’è qualcosa di sbagliato in quel posto e, se vuole uscire viva dalla festa dovrà scoprire la verità. Una commedia che diventa thriller e poi horror, Blink Twice, formidabile esordio alla regia di Zoë Kravitz con un super-cast che include Naomi Ackie, Channing Tatum, Alia Shawkat, Haley Joel Osment, Christian Slater, Kyle MacLachlan, Adria Arjona e Geena Davis, ora al cinema con Warner Bros. Pictures.

Un esordio inaspettato per certi versi, eppure a lungo chiacchierato in ambiente hollywoodiano e rincorso dalla Kravitz, di cui ha curato la resa su carta (è anche co-sceneggiatrice e produttrice nda) dal lontano 2017 sotto il titolo esplicito di Pus*y Island. Al centro del racconto: «La mancanza di dialogo sul modo in cui le donne vengono trattate specificamente nell’industria dell’intrattenimento». Molto prima, quindi, della rivoluzione del MeToo e dello Scandalo Weinstein. La presa di coscienza di Hollywood e i continui e repentini cambiamenti hanno così costretto la Kravitz a rimettere mano allo script a più riprese: «Da quando il mondo ha iniziato a parlarne, il soggetto è cambiato molto. È diventata più una lotta di potere e cosa significa questa lotta di potere. L’ho riscritto tipo un milione di volte!».

Sempre, però, con Pus*y Island come titolo ufficiale (così acquistò lo script la MGM nel 2022) e per una ragione ben precisa: «Il titolo era una specie di scherzo all’inizio, questo posto dove la gente andava, portava le donne, faceva festa e si incontrava. La storia si è evoluta in qualcos’altro, ma il titolo ha finito per avere molteplici significati. E allude a questo tempo e luogo in cui affermiamo di non essere più, in termini di politica sessuale. Le persone si stanno evolvendo e cambiando, ma c’è ancora un cattivo sapore in bocca a molte persone per i comportamenti passati. È un cenno a questo, ma è anche giocoso. È un film davvero giocoso in molti modi. Mi piace che il titolo inizi con questo e abbia un significato pesante al di sotto».

Il cambio a Blink Twice è derivato dal veto posto dalla MPA – Motion Picture Association che non ne avrebbe autorizzato la distribuzione sotto l’originale Pus*y Island. A detta della Kravitz: «La cosa che mi ha più colpito, dopo aver fatto delle ricerche, era che le donne si sono sentite offese dalla parola e le donne che hanno visto il titolo dicevano di non volerlo vedere, che è parte del motivo per cui ho voluto provare a usare quella parola. Sto cercando di rivendicare quella parola, di non renderla qualcosa che ci mette così a disagio nell’usarla. Ma non ci siamo ancora arrivati. E penso che sia qualcosa che ho la responsabilità come regista di ascoltare». Quindi proprio Blink Twice, riconducibile a una linea dialogica ripetuta dall’agente scenico della Ackie in due momenti dalla differente inerzia filmica.

Quel «Batti gli occhi due volte se sono in pericolo» utilizzato perfino nella locandina ufficiale che contiene in sé tutto il cuore del film e le ragioni autoriali della Kravitz-regista: lo stato di allerta perenne, la percezione di come tutto non sia ancora stato chiarito in termini di politica sessuale e comportamenti inappropriati, e il ragionare, a volte, di detto/non-detto e parole sottovoce, e della mancanza di limpidità tipica delle dinamiche di potere e predominazione. Interessante, però, il modo in cui la Kravitz sceglie di raccontarlo in Blink Twice. Nelle forme di una festa senza fine. Un loop esistenziale di desiderio e droga contaminato di frammenti narrativi tra vuoti di memoria ed eventi (apparentemente) enigmatici. Un’allegoria collocata dalla Kravitz nel terreno narrativo del sogno sospeso che il dispiego dell’intreccio finisce con l’accogliere in una realtà dolorosa e amara.

E sangue, veleno di serpente, soluzioni d’immagini ricercate, un’inedita Ackie fotografata dalla Kravitz di densissimi primi piani, un Tatum intenso e affascinante ma forse non pienamente a suo agio in un ruolo così crudele e manipolatorio e una Arjona che cresce alla distanza confermandosi sempre più certezza in termini di talento e presenza scenica. Prima di tutto, però, c’è Zoë Kravitz che è riuscita a regalarsi un esordio alla regia di carattere: coraggioso, tenace e pieno zeppo di misteri e illusioni, intuizioni e riflessioni. Un’opera prima difficile, Blink Twice, un po’ zoppicante nello sviluppo, ma memorabile come davvero poche altre viste finora.
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- VIDEO | Qui per il trailer di Blink Twice:
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