ROMA – Raggirare e derubare la Black Bits, società attiva nel dark web, sembrava un’impresa impossibile che però Dora (Jordan Alexandra) e Beth (Yvonne Mai) hanno portato a termine. Così, adesso sono in possesso di due neurochip di ultima generazione dall’inestimabile valore e si nascondono in una Safe House lontana dal resto del mondo. La loro tranquillità viene stravolta da strani eventi e da una presenza umana inaspettata: Hank (Sebastian Fabijański), un uomo all’apparenza taciturno. Ma chi è veramente? E che cosa vuole da loro? Le due ragazze dovranno guardarsi le spalle e prepararsi al peggio. Perché? La realtà che le circonda è più pericolosa di quanto immaginano e niente sembra essere come appare…

Parte da qui Black Bits, quarto lungometraggio di Alessio Liguori prodotto da Minerva Pictures, Agresywna Banda e Play Entertainment, che dopo la parentesi comico-fantasy de Il viaggio leggendario, torna nel terreno narrativo, il thriller-horror claustrofobico dove s’è saputo esprimere con risultati alterni tra Report 51, In the Trap, Shortcut e The Boat. Ma Black Bits è materia attuale, figlia del contesto sociale di riferimento, il nostro tempo. Un’epoca in cui, secondo Liguori: «La realtà analogica si fonde con quella virtuale e voyeuristica e il confine tra reale e immaginario viene oltrepassato e manipolato. Black Bits si colloca perfettamente in questo contesto immaginando lo sviluppo della tecnologia neuronale e i suoi potenziali e pericolosi utilizzi ludici».

Da qui la scelta di Liguori di prendere il contesto narrativo della realtà per rovesciare la percezione che lo spettatore ha attraverso una regia plastica fatta di manipolazioni sonore e uditive. Tutte al servizio del punto di vista difettato e distorto di Dora e Beth in cui nulla è (quasi) mai come appare. Da qui prende forma Black Bits, racconto di mistero e di tensione dall’azione immediata, un film in cui magari non tutto torna, dove i personaggi sono caratterialmente bidimensionali e lo sviluppo non appare pienamente organico e coerente ma dove il distopico near future alla Black Mirror di cartello, diventa il pretesto narrativo per scatenare un cuore action ispirato e pulsante.

Una cornice di genere da cui Liguori estrae una narrazione tesissima da puro cinema esperienziale che porta il film a diventare un survival horror claustrofobico, cucito tutto intorno a una caccia tra uomini primordiale, spiazzante e sorprendente. Un film piccolo-ma-grande che cita il passato (sembra quasi un Predator tra umani disumanizzati a un certo punto), legge il presente, proiettandosi nel futuro con coraggio e convinzione delle proprie idee e dei propri mezzi.
- VIDEO | Qui sotto potete vedere il trailer del film:
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